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PRODOTTI ERBORISTICI SUPHERBA

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COMPRESSE

Le malattie reumatiche sono tra le più frequenti cause d’invalidità momentanea e progressiva dell’era moderna, tra loro si distinguono due grandi categorie: quelle dovute ad affezioni infiammatorie articolari e quelle dovute a processi degenerativi delle stesse affezioni.
Tra le affezioni infiammatorie si ricorda il reumatismo articolare acuto (febbri reumatiche), l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, la sclerodermia (fibrosi cutanea estesa agli organi interni), l’artrite psoriasica (artrite reumatoide associata a psoriasi).
Tra le malattie degenerative articolari, la coxartrosi, la gonatrosi, la spondilartrosi.

I trattamenti naturali tradizionalmente utilizzati si suddividono in due grandi categorie:

  • ad attività antinfiammatoria
  • ad attività analgesica

Spesso non è possibile differenziare completamente le due attività, poiché in entrambe le situazioni è richiesto l’impiego di sostanze che agiscano su uno strato biochimico parzialmente comune.

Quanto sopra evidenziato riguarda un approccio alle patologie prettamente moderno, ma già gli antichi avevano offerto una loro interpretazione sulle cause delle malattie reumatiche e sulle eventuali modalità per contrastarle.
Già solo l’etimologia della parola richiama il concetto di “rheuma” ovvero la Flemma che, se prodotta all’interno dell’organismo in giusta e “sana” quantità e qualità è indispensabile per la funzionalità del medesimo, ma che se degenera e si “perversa” l’organismo stesso “allontana” dagli organi vitali (fegato, reni, ecc) per non nuocergli in modo compromettente (ricordiamo che la Flemma se “perversa” diminuisce il “calore” trasformativo e quindi i processi vitali: con la vecchiaia si spegne il calore vitale!).

Le zone più “lontane” dove viene concentrata la Flemma sono i distretti periferici (articolazioni e apparato cutaneo) che, secondo le varie concomitanze degli aspetti costituzionali prevalenti, manifesteranno patologie differenti. 

Boswellia composta
(Boswellia serrata, harpagophitum p., helicrisum ital.)

Boswellia
La resina estratta alla boswellia (pianta appartenente alla famiglia delle Burseraceae) contiene triterpeni e acidi boswellici.
Usata in Medicina Ayurvedica, inibisce i leucotrieni coinvolti in manifestazioni infiammatori quali artriti, malattie reumatiche, poliartriti, osteoartriti, morbo di chron, e nelle dermatiti.

La potente attività antinfiammatoria della Boswellia è stata clinicamente dimostrata, in particolare nell’artrite reumatoide, e si esplica fondamentalmente attraverso due meccanismi d’azione:            

  • inibizione della 5-lipossigenasi: gli ac. boswellici inibiscono selettivamente la 5-lipossigenasi bloccando così la sintesi dei leucotrieni, mediatori chimici del processo flogistico in diverse patologie infiammatorie. Non agendo sulla sintesi delle prostaglandine, catalizzata dalle ciclossigenasi, non presenta gli effetti collaterali gastrolesivi tipici dei salicilati.Il risultato consiste nella riduzione del gonfiore e del dolore, nel miglioramento delle capacità motorie, compromesse soprattutto di mattino.
  • Inibizione della migrazione leucocitaria e dell’elastasi: gli ac. Boswellici si sono dimostrati capaci di bloccare la migrazione dei leucociti polimorfonucleati, grazie all’inibizione del rilascio o della produzione di alcuni fattori chemotattici in grado di richiamarli verso il luogo dell’infiammazione. I polimorfonucleati agiscono localmente liberando elastasi, enzima proteolitico responsabile della distruzione del collagene e quindi dei tessuti coinvolti nel processo infiammatorio: anche l’attività stessa dell’elastasi e di altre idroglicolasi risultano inibite dagli acidi boswellici, prevenendo così la degenerazione articolare.

È come sempre interessante evidenziare che l’azione dell’estratto secco (fitocomplesso) risulta più efficace della somministrazione dei singoli principi attivi.
L’effetto della Boswellia è paragonabile a quello dei sali d’oro, di cui non possiede gli effetti collaterali.
A differenza degli infiammatori classici (FANS) e dei corticosteroidei, non induce segni di intolleranza gastrica e manifesta anzi un’attività protettiva nei confronti dell’ulcera da alcol e da farmaci gastrolesivi.

Artiglio del diavolo
Secondo un approccio moderno la fitoterapia può essere considerata razionale, quando si possono applicare i criteri della ricerca scientifica: il metodo sperimentale e la ripetibilità dell’esperimento.
Dell’artiglio del diavolo si conoscono i possibili principi attivi e l’esatta concentrazione dei principi ritenuti responsabili dell’attività terapeutica.
Con questa pianta è dunque possibile svolgere una sperimentazione fitofarmacologica razionale poiché è possibile ricercare una correlazione dose/effetto e l’esperimento può essere ripetuto da più ricercatori indipendentemente tra i loro e i risultati saranno esattamente confrontabili.
Per questa pianta esistono, dunque, un gran numero di studi controllati e randomizzati contro placebo che dimostrano inequivocabilmente la loro attività contro le affezioni croniche ed il dolore a loro associato.
La composizione chimica e costituita da glucosidi monoterpetici della serie degli iridoidi di cui il costituente principale è l’arpagoside.
L’harpagophitum si è dimostrato efficace nel ridurre significatamene gli stati infiammatori, associando un’attività antidolorifica e antispasmodica, senza causare effetti collaterali come ampiamente documentato dal dipartimento di Biologia Farmaceutica dell’Università di Heidelberg.
Un’analisi accurata (considerando solo studi clinici fatti con metodica assolutamente rigorosa) fatta nel settembre 2004 ha valutato l’efficacia e la tollerabilità della pianta nel paziente artroreumatico.

Elicriso
L’elicriso è una pianta aromatica della tradizione fitoterapia europea nota principalmente per le sue proprietà diuretiche e coleretiche.
È una pianta caratterizzata dall’inequivocabile odore dovuto all’essenza solforosa contenuta principalmente nei capolini gialli.
A questi si devono le principali proprietà della droga.
In medicina popolare veniva usato principalmente per contrastare le dispepsie, per problematiche a carico del distretto fegato-cestifellea, soprattutto se accompagnate da crampi.
Noti sono anche gli effetti sull’apparato respiratorio in quanto bechico e sedativo.
Utile per sedare la tosse, in particolare la pertosse o in caso di asma, favorisce l’eliminazione del catarro bronchiale e calma le infiammazioni allergiche della mucosa nasale.
I principali elementi attivi sono l’o/e, tannini, flavonoidi, acido caffeico e clorogenico.Responsabile del colore giallo brillante è un calcone molto stabile, l’iso-salipurposide, mentre il suo sapore amaro è dovuto a lattoni sesquiterpenici tipici delle Compositae.
Dallo studio del fitocomlesso risulta che l’elicriso è in grado di esercitare una serie di azioni in vari distretti dell’organismo che possono essere riassunti in un effetto sinergico teso principalmente a drenare, disintossicare e riequilibrare il sistema epatico, respiratorio e della cute.
È stato inoltre annotata una spiccata azione antiallergica attribuita alla presenza di composti stralici e triterpenici, per i quali s’ipotizza un meccanismo cortisono-simile con effetto antinfiammatorio, antiemigeno, vasocostrittore.

Azione complessiva
La boswellia composta si dimostra particolarmente interessante, oltre che per la sua scontata capacità d’azione comprovata dall’efficacia delle sue singole componenti, perche soddisfa criteri di validità sia per una visione Moderna della Fitoterapia che per una visione Antica.

Difatti, come biochimicamente risponde alle necessità d’intervento sugli stati infiammatori articolari ottemperati dalla Medicina sintomatica di oggi, in ugual modo soddisfa i criteri forse meno “razionali” ma sicuramente più intuitivi della medicina di un tempo.
È particolarmente esplicativo osservare come l’azione sugli stati di flogosi avvenga sia a livello articolare, sia a livello dell’apparato respiratorio che cutaneo.
Questo per avvallare l’interpretazione degli antichi sul concetto di correlazione tra Flemma e dolori articolari (vedi note introduttive).
In uguale misura sono anche interessanti e “paragonabili” le osservazioni moderne sulla degenerazione degli stati infiammatori causa di patologie a carico dell’apparato motorio (vedi note introduttive).

Associazioni
Dolore articolare acuto: mg acer campestre
Dolore giovanile: mg abies pectinata
Dolore artrosico: mg pinus montana, mg ampelopsis (in particolar modo se manifestato a livello delle mani).
Trattamenti esterni: massaggi lievi sulla zona interessata con oleolito d’arnica (con eventuali aggiunte di o/e di cannella, canfora, ecc).
Dolori epidermici associati a manifestazioni di psoriasi.
Tenere sempre sotto controllo le funzionalità digestive con eventuali correzioni sul regime alimentare (considerando in particolar modo il periodo stagionale e climatico in cui si manifesta lo stato infiammatorio), e un buon drenaggio epatico –renale.

Dosaggio e durata della somministrazione

In stati acuti 2 cpr dopo i pasti principali fino ai primi miglioramenti, per poi continuare per una decina di giorni con 1 cpr ai pasti.
Nei soggetti con lieve stato di flogosi 2-3 cpr al dì.

Controindicazioni
Non somministrare in età infantile, in gravidanza e durante l’allattamento.
Non somministrare in caso di accertata allergia a una delle componenti.

Il cumino composto ha un’azione complessiva sulla digestione migliorando lo svuotamento dello stomaco e la formazione di metabolici più idonei al transito intestinale; previene quindi la formazione di gas ed anche la sua eliminazione qualora fosse presente.

Questa azione è dovuta alle seguenti piante:

  • Cumino e Carvi: azione antispasmodica, carminativa, da impiegare selettivamente nelle dispepsie, coliche gastrointestinali, meteorismo, eruttazioni.
  • Angelica: stimola l’appetito, facilita la digestione e attenua i dolori di stomaco.
  • Camomilla: azione eupeptica e spasmolitica adatta nelle gastriti e coliti.
  • Genziana: azione amaro- digestiva che favorisce lo svuotamento dello stomaco e previene la fermentazione del bolo alimentare.
  • Curcuma: azione spiccata sulla cistifellea di cui favorisce lo svuotamento andando a migliorare e stimolere la digestione.
  • Elicriso: azione coleretica-colagoga, antispasmodica e antinfiammatoria

Abbinamenti:
M.G. Vaccinium vitis idaea,
T.M. Carvi composto.

Compresse di Isoflavoni di soia con Dolomite e OE Salvia e vit D

Estratto secco di soia
Dolomite
Vitamina D
Olio essenziale di Salvia

  1. Dolomite
    La dolomite è un minerale costituito da carbonato di Calcio e Magnesio, con tracce di altri elementi, in particolare Ferro ed Alluminio. È una fonte di calcio, che se assunto insieme alla vitamina D, diviene biodisponibile e può essere assorbito ed entrare a far parte della matrice ossea, aumentandone la densità o riducendo la perdita di densità in caso di osteoporosi. L’accoppiamento al Magnesio rende il Calcio ancora più assimilabile. 
  1. Vitamina D
    La vitamina D è una vitamina liposolubile assunta con la dieta o attraverso supplementi, e prodotta dal nostro organismo quando siamo esposti al sole. La vitamina D promuove l’assorbimento del calcio nell’intestino e mantiene livelli adeguati di calcio e fosforo nel sangue per favorire la mineralizzazione delle ossa e il loro modellamento da parte di osteoblasti ed osteoclasti. In caso di deficienza di vitamina D le ossa possono divenire fragili, sottili o malformate.
    Assunta insieme al calcio la vitamina D aiuta a proteggere gli anziani dall’osteoporosi, aumenta la densità ossea in tutto lo scheletro, e riduce le fratture negli anziani.
  1. Estratto di soia titolato al 40% in isoflavoni
    Nome botanico: Glycine max (sinonimo: Glycine soja)
    Famiglia: Fabaceae/Leguminosae. 

3.1. Composizione
La soia contiene fino al 50% di proteine, il 25% di carboidrati e il 25% di olii grassi, comprendenti acido stearico, linoleico, e palmitico. I composti attivi della soia sono un gruppo eterogeneo di molecole chiamate fitoestrogeni, che comprende isoflavoni (vedi sotto), lignani (come siringaresinolo, secoisolariciresinolo e pinoresinolo) e fitosteroli (come beta­sitosterolo, campesterolo e stigmasterolo).
La soia contiene anche vari fosfolipidi e saponine, oltre a calcio, ferro, potassio, amminoacidi, vitamine e fibre.
Isoflavoni: la soia ed i suoi derivati sono la fonte alimentare più ricca in isoflavoni. Contengono glucosidi degli isoflavoni come genisteina e daidzeina nelle loro forme coniugate inattive, che vengono trasformate dalla flora batterica intestinale (che le idrolizza mediante delle beta-glucosidasi) in agliconi di daidzeina e genisteina. La daidzeina viene poi ulteriormente convertita dalla flora batterica intestinale in S-(-) equolo, un isoflavano fortemente antiossidante, ad attività estrogenica molto elevata e selettivo per i recettori estrogenici di tipo beta [(ER)-beta]. Probabilmente a causa di differenze individuali nella qualità e quantità della flora batterica intestinale la percentuale di conversione può variare anche di molto, e soggetti che non riescano a convertire la daidzeina in equolo potrebbero mostrare differenze individuali anche importanti rispetto agli effetti salutari dell’ingestione degli isoflavoni rispetto a quelli che invece hanno un elevato tasso di conversione. Secondo alcune stime la percentuale di “non convertitori” varia dal 30 al 50%.

3.2. Meccanismi d’azione
Gli isoflavoni della soia hanno una struttura simile a quella dell’estradiolo, e si legano ai recettori estrogenici alfa e beta (presenti nel miocardio, vascolatura, ossa, vescica). Potrebbero agire come i SERM (modulatori selettivi dei recettori estrogenici), con effetto anti-estrogenico in donne in premenopausa con normali livelli di estrogeno, e con effetto debolmente estrogenico in donne post menopausa con bassi livelli di estrogeno ematico. Hanno potenzialmente effetti molto ampli.

3.3. Indicazioni
Osteoporosi
: il consumo di soia nella dieta di ogni giorno è associato alla riduzione del rischio di fratture nelle donne asiatiche, anche se l’assunzione postmenopausa non sembra portare questo beneficio. Gli estratti di soia sembrano in grado di aumentare la densità ossea o di rallentarne la perdita, se assunti per tempi prolungati, probabilmente grazie a deboli effetti estrogenici, di inibizione dell’attività degli osteoclasti e di stimolazione della proliferazione degli osteoblasti. Gli effetti positivi sulla densità ossea sono particolarmente evidenti per le vertebre lombari.

 Sintomi della menopausa: la soia riduce la frequenza e la severità delle vampate in alcune donne, ma l’effetto non sembra legato esclusivamente alla presenza di fitoestrogeni, e l’assunzione deve essere di lungo termine.

Tumore alla mammella: le donne asiatiche che consumano normalmente soia nella dieta hanno una riduzione del rischio di sviluppare tumore alla mammella, probabilmente perché la consumano per lunghi periodi prima della menopausa. È possibile che gli isoflavoni riducano la proliferazione tumorale perché arrestano il ciclo cellulare, stimolano la morte programmata delle cellule tumorali, inibiscono la nascita di nuovi vasi e influenzano la regolazione della crescita e della replicazione cellulare. I dati epidemiologici indicano che un consumo di isoflavoni nella dieta non ha effetti positivi o negativi sul rischio di cancro alla mammella, e riduce il rischio di tumore all’endometrio e al colon retto.

Prostatiti: è possibile che gli isoflavoni siano di beneficio per la prostata a causa della loro azione estrogenica oppure come inibitori dell’azione degli androgeni.

Prevenzione delle patologie cardiovascolari: gli isoflavoni abbassano i livelli di omocisteina, inibiscono la aggregazione piastrinica e abbassano la pressione arteriosa. Modificano il profilo lipidico aumentando l’escrezione della bile, migliorando il metabolismo del colesterolo LDL e inibendo la sintesi di colesterolo. Le proteine della soia in alcuni casi riducono i livelli ematici di colesterolo LDL (-10%) e colesterolo totale (-7%). La genisteina inibisce l’ossidazione del colesterolo LDL, protegge le cellule vascolari dal danno da colesterolo LDL e previene il rimodellamento vascolare.

Diabete: la soia (132 mg di isoflavoni al giorno) sembra ridurre i livelli di insulina e di glucosio nel sangue in donne postmenopausa con diabate tipo 2.

  1. Posologia
    Iperlipidemia
    : 1-2 compresse al giorno
    Osteoporosi: 2 compresse al giorno
    Sintomi della menopausa: 1-3 compresse al giorno
    Dolorazione al seno legata al ciclo: 2 compresse al giorno
    Diabete tipo 2: 2-3 compresse al giorno
    Ipertensione: 1-2 compresse al giorno
  1. Sicurezza
    L’assunzione di soia sembra sicura sia per gli adulti sia per i bambini. In gravidanza dovrebbero essere evitati i supplementi concentrati e titolati in isofavoni. L’assunzione prolungata di dosi elevate di isoflavoni (150 mg al giorno per 5 anni) potrebbero essere non indicate. 
  1. Combinazioni.
    Prostatiti: radice di ortica, Serenoa serrulata
    Sintomi della menopausa: Agnocasto compostoCimicifuga racemosa, trifoglio.
    Ipertensione: biancospino, tiglio, olivo.
    Iperlipidemia: carciofo, aglio, policosanoli, te verde.

Il Monascus purpureus è un fungo tradizionalmente impiegato in Cina da millenni per la produzione del vino di riso. All’inizio il micelio è bianco, comunque diventa rapidamente rosa prima e arancione-rosso poi, riflettendo l’aumentata acidità nel medium.

Tradizionalmente il fungo viene utilizzato per fermentare una cottura non glutinosa di riso, con un’erba del genere Polygonum, secondo una millenaria ricetta tradizionale per produrre il famoso vino rosso di riso. In realtà il processo di fermentazione è dovuto a due microrganismi, il fungo, Monascus purpureus, e una muffa, il primo in grado di degradare l’amido in semplici zuccheri, mentre la seconda rende possibile la conversione in alcool. Il fungo di fatto veniva tradizionalmente coltivato sul riso ed era il rapido sviluppo del micelio con i suoi pigmenti rossi che finiva con il permeare completamente i grani di riso conferendo il tipico colore rosso. L’impiego del fungo può essere fatto risalire quanto meno alla dinastia Tang. (800 A.D). L’antica farmacopea cinese, Ben Cao Gang Mu-Dan Shi Bin Yi, pubblicata durante la dinastia Ming (1368-1644) contiene una descrizione dettagliata della preparazione di prodotti alimentari a medicinali a base di Monascus (Sung 1966). Le sue principali indicazioni tradizionali sono costituite dai disturbi dovuti all’accumulo di grassi (nosologicamente riconducibili ai problemi di stasi di circolo nella Medicina Tradizionale Cinese), dai disturbi epatici, da alcune forme di tumore e dal miglioramento della circolazione sanguigna. Oggi il fungo è impiegato ampiamente in Cina, come rimedio tradizionale principalmente per i disturbi dislipidemici.

Chimica

Il Monascus purpureus contiene una ampia varietà di sostanze. Sono stati descritti:

  • LipidiMonascus purpureus contiene larghe quantità di acidi grassi mono e polinsaturi (>125mg/g) costituiti per lo più da acido plamitico, oleico, linoleico e linolenico (Juzlova et al 1996)
  • Composti Primari: amido soprattutto ma anche proteine, amminoacidi, vitamine e minerali
  • Composti Secondari: Fitosteroli (β-sitesterolo, capesterolo, stigmasterolo, etc) Isoflavonoidi, Glicosidi, Saponine e vari Pigmenti (tra cui alcune micotossine come la citrina che devono essere eliminate)
  • Composti Triterpenoidi. Tra queste la mevinolina e le monacoline che generalmente oscillano tra un 0.4-0.8%. La monacolina più abbondante è senza dubbio la monacolina K (nella sua forma dihydro, dehydro e hydroxyacida) anche se la monacolina L può assumere un ruolo importante (Ma et al 2000). Nel 1979 il prof. Akira Endo isolò in Giappone da culture di Monascus purpureus la monakolina K e dimostrò che questa era in grado di inibire il 3-hydroxy-3-metilglutarylcoenzimaA redattasi (HMG-CoA reduttasi), un enzima che è il 21° passo per la sintesi del colesterolo (Endo 1976). Senza questo enzima l’intera sequenza di sintesi del colesterolo viene bloccata. Di conseguenza esso rappresenta un target elettivo per regolare i livelli di colesterolo nel sangue. Successivamente fu lo stesso Endo a stabilire l’identità tra monakolina K e monavolina (o lovastatina), il precursore di un’intera classe di farmaci, le statine, ancora oggi considerate il trattamento d’elezione delle dislipidemie e una delle categorie più importanti di farmaci disponibili. Per molti anni il Monascus purpureus divenne una delle fonti di statine e a tale scopo si sviluppò una tecnologia di coltivazione in vitro tuttora in uso.

In realtà parlare di composti presenti nel Monascus purpureus è una questione aperta: proprio le tecniche di coltivazione in vitro hanno infatti permesso, modificando la composizione del medium dove viene coltivato il fungo, di alterare profondamente la sua composizione  e probabilmente sono alla base degli sviluppi più interessanti e attuali della ricerca su questo fungo. Modificando il medium è possibile modificare la composizione del fungo e selezionare ceppi che possono essere ricchi in Monakolina K e in composti secondari, normalmente trascurabili come il GABA (acido γ-amminobutittico )(Su et al 2003) o l’acetilcolina (Kohama et al 1987). In questa maniera sono stati selezionati  ceppi di volta in volta a maggior  attività ipoglicemizzante o ipotensiva (Hsieh e Tai 2003). Il concetto che sta alla base di tali innovazioni è che è possibile variare la composizione del fungo attraverso una variazione delle condizioni di coltivazioni aumentando e modificando i rapporti e la presenza dei vari nutrienti. In questo senso è difficile parlare di una composizione chimica del Monascus purpureus dovendo piuttosto precisare quali sono di volta in volta le condizioni di coltivazione.

I Nuovi Studi Clinici

Partendo dalle recenti evoluzioni del concetto di aterosclerosi in Cina sono stati pubblicati recentemente alcuni studi su nuove proprietà degli estratti di Monascus purpureus. Nell’aterosclerosi i meccanismi infiammatori stanno infatti assumendo sempre maggiore importanza (Ross 1999). Viene infatti ipotizzato che specifici punti del sistema arterioso siano particolarmente vulnerabili all’infiammazione: tale vulnerabilità sarebbe dovuta a sollecitazione meccaniche combinate con la presenza di elevati livelli di colesterolo-LDL e probabilmente di Lipoproteina(a).  Proprio la presenza di queste sostanze favorirebbe l’adesione di monociti e linfociti T. (Tousoulis et al 2002). Una volta instauratosi questo meccanismo i macrofagi derivati dai monociti e le cellule linfocitarie rilasciano a loro volta un’ampia gamma di sostanze chemiotattiche e chemioattive. L’endotelio diventa reattivo e ciò si manifesta con l’espressione di numerosi fattori come interleukine, fattori del complemento, tumor necrosis factor, tutte sostanze che contribuiscono con un meccanismo a cascata ad amplificare lo stato infiammatorio. L’infiammazione viene favorita e mantenuta da meccanismi ossidativi correlati in parte con l’ossidazione delle lipoproteine –LDL e in parte con meccanismi di altri tipo (rilascio di ossido nitrico, adesione leucocitaria, etc ) (Epstein 1997). Questo è il motivo per cui i parametri infiammatorio sono diventati sempre più importanti nella diagnosi dell’aterosclerosi e soprattutto nel determinare quali terapie siano più efficaci (Libby and Rcker 2004). Tra questi la proteina C –reattiva è senza dubbio la più attendibile. Anche la Lipoproteina A (Lp(a), proprio per la sua similarità con il plasminogeno,  probabilmente gioca un ruolo importante (Tousoulis et al. 2002)  nello stabilire una connessione tra i processi infiammatori e trombosi. Un recente studio ha dimostrato come l’interazione tra Lp(a)  e macrofagi coinvolge più siti d’azione che sinergizzano per raggiungere una interazione molto più attiva di quella osservata tra colesterolo LDL e plasminigeno (Poon et al. 1997). È probabile che proprio la via dell’attivazione della trombina possa costituire un importante meccanismo nel determinare le occlusioni spontanee delle coronarie nei soggetti aterosclerotici (Haider et al 1996).  Ora gli studi a nostra disposizione rivelano che le statine pur avendo una buona attività sulla proteina C reattiva hanno scarsa attività sul sistema delle Lipoproteina (a) (Saltissi et al. 2002) quando non inducono un vero e proprio innalzamento di questo fattore di rischio (Galetta et al 1995). Gli estratti di Monascus purpureus viceversa hanno dimostrato  di essere in grado non solo di abbassare, come le statine i valori della proteina C-reattiva, ma anche quelli della Lp(a) (Liu et al 2003). Uno studio su 60 soggetti con malattia coronaria divisi in due gruppi (1200 mg estratti di Monascus purpureus contro placebo per 6 settimane) ha infatti dimostrato come,  gli estratti di Monascus siano in grado di abbassare sensibilmente l’innalzamento di trigliceridi postprandiali, di proteina C-reattiva e di Lipoproteina(a) a digiuno e dopo pasto  ricco in lipidi (800 calorie -50 gr di grassi). L’effetto del Monascus purpureus sui trigliceridi postprandiali è del resto molto più evidente di quella che ci si potrebbe attendere dalla presenza della sola presenza di lovastatina. Tutte le statine infatti tendono ad avere un effetto rilevante solamente sulle ipetrigliceridemie elevate (> 250 mg/dl) a digiuno (Stein et al 1998). Su quei soggetti che invece possiedono livelli normali a digiuno ma molto alti dopo  un pasto ad alto contenuto di grassi (800 calorie, 50 gr di grassi) il loro effetto è limitato (Stein et al 1998). Il Monascus purpureusinvece  anche in questi soggetti dopo un apporto calorico del genere è in grado di abbassare i valori dei trigliceridi alla 2°, 4° e 6° ora rispettivamente del 32%,  del 38% e del 43% (Zhao et al. 2003). Tale azione è paragonabile a quanto ottenibile solo con dosi molto più alte di statine sintetiche, corrispondenti a 40 mg di simvastatina (Cerviello et al 2004) e forse  di circa 80 mg di lovastatina. Questi dati hanno portato molti Autori a pensare come l’azione del Monascus purpuerus non sia riconducibile a quella della sola lovastatina ipotizzando piuttosto una sinergia tra le differenti componenti dello stesso. Un ruolo non secondario potrebbe essere giocato dal ruolo di sostanze ad azione antiossidanti. I farmaci ipolipidemizzanti  oggi impiegati, statine e fibrati, sembrano avere in questo il limite maggiore: le statine hanno infatti scarsa azione antiossidante e in particolare portano alla deplezione di importanti sostanze antiossidanti endogene come l’ubiquinone (coenzima Q10) (Mortensen et al 1997). Lo stesso effetto hanno i fibrati (Aberg F et al 1998): entrambe le  sostanze sembrano in realtà più contribuire a una deplezione delle difese antiossidanti del nostro organismo. Il Coenzima Q in particolare è un coenzima chiave nella catena respiratoria mitocondriale. Livelli bassi di coenzima Q  sono sintomo e causa   allo stesso tempo di disfunzione mitocondriale , che in genere si traduce in uno squilibrio energetico della cellula che si manifesta con un accumulo di piruvato/lattato (De Pineux et al 1996).  Questo non accade con il Monascus purpureus: probabilmente tale effetto è dovuto in parte alla inibizione minore sulla sintesi dell’ubiquinone dovuta alla bassa concentrazione di lovastatina presente nel Monascus e dall’altro probabilmente ad una  azione di “risparmio” sul consumo di coenzima Q grazie all’azione parallela di altre sostanze antiossidanti. Forse proprio la deplezione di coenzima Q e il conseguente aumento citoplasmatico di piruvato/lattato è responsabile della tossicità delle statine sulle cellule muscolari (rabdomiolisi) e questo spiegherebbe la relativa assenza di tossicità di questo tipo con Monascus purpureus. Fino ad oggi solamente un caso di modesta rabdomiolisi asintomatica  è stato descritto in consumatori di Monascus purpureus e si trattava di un soggetto trapiantato renale in terapia con ciclosporina, agente che notoriamente aumenta la citotossicità di moltissimi rimedi attraverso una forte inibizione del sistema enzimatico CYP3A4 del fegato (…).

Partendo da queste premesse e dal fatto che l’azione del Monascus purpureus risulta da un insieme di azioni non riconducibili alla sola lovastatina recentemente è stato brevettato a livello internazionale un prodotto italiano a base di Monascus, chiamato Lipolysar. In pratica sono stati selezionati  ceppi di questo fungo con bassissimo contenuto di lovastatina (2.16 mg di lovastatina) che possiede un effetto ipocolesterolemizzante e  ipoglicemizzante paragonabile a dosi medie di lovastatina (40 mg circa). In pratica il ragionamento è stato semplice. Se il fungo viene coltivato in vitro e la sua composizione dipende dal terreno di cultura è ovvio che cambiando il terreno è possibile cambiare le sostanze chimiche contenute nel fungo e quindi la sua attività. Potenziando i componenti secondari e diminuendo la concentrazione di lovastatina è stato possibile selezionare ceppi e formulazioni, che con un contenuto bassissimo di lovastatina esercitano la stessa azione ipocolesterolemizzante corrispondente alle dosi maggiori di questa sostanza  associata  di volta in volta a una maggiore azione ipotriglicerimizzante (da -31% a -43%), a una maggior azione antinfiammatoria sull’endotelio (misurabile sull’attività della Proteina C-reattiva a alta sensibilità , sul Tumor Necrosis Factor-α e sui livelli di Lp(a)) o enfatizzando l’azione ipoglicemizzante  o ipotensiva del fungo stesso.

Conclusioni
Queste ultime applicazioni sono la dimostrazione di come l’azione degli estratti di Monascus purpureus non possa essere ricondotta alla sola lovastatina e di come l’utilizzo  degli estratti in toto di Monascus purpureus possa presentare ancora di vantaggi rispetto all’impiego delle singole sostanze in esso contenute. Questo ci riporta a due questione tipiche per chi si occupa di estratti vegetali. Da un lato l’azione “in toto” degli estratti spesso dovuta a una interazione dinamica tra le diverse componenti che può assumere le caratteristiche di interazione sinergica o antagonista a seconda della composizione degli stessi. E dall’altro riapre la questione di quanto la filosofia della moderna ricerca farmaceutica, che  con il suo interesse focalizzato sull’isolamento di singole molecole rischia di trascurare proprio importanti effetti delle sostanze naturali. Il caso del Monascus ne è esempio tipico: il riaccendersi di ricerche su questo fungo negli ultimi anni ci dimostra che l’antico rimedio cinese possa ancora, grazie alla sinergia dei suoi componenti, offrire interessanti applicazioni all’uomo moderno e forse alla lunga risultare anche più competitivo della sostanza che ne ha determinato la notorietà, della lovastatina.

120 compresse da 375 mg
di cui 320 mg. di estratto secco miscelato di:
Cassia,
Aloe,
Psillio,
Anice,
Finocchio,
Melissa.

Azione fisiologica
Si tratta di una composizione molto ben bilanciata tra droghe ad azione lassativa (come la Cassia e l’Aloe), droghe ad azione carminativa e spasmolitica, come l’Anice, il Finocchio e la Melissa con l’aggiunta di una droga ad azione emolliente, rinfrescante ed antiinfiammatoria ed in più blandamente lassativa, come lo Psillio.

L’azione globale è piuttosto energica, ma – se opportunamente dosata e somministrata a soggetti abitualmente stitici – scevra di effetti collaterali, come spasmi intestinali, doloretti colici e simili. È preferibile iniziare con dosaggi modesti, aumentando via via, fino a trovare il dosaggio personalizzato; è opportuno assumere le compresse alla sera, prima di coricarsi ed aspettare 18-24 ore prima di prenderne una dose maggiore.

È chiaro che questo è un prodotto da usare non in modo sistematico e quotidiano (tranne che in alcuni soggetti particolarmente “pigri”), ma da usare mediamente 2 – 3 volte la settimana. Periodicamente può essere utile che lo prendano anche i soggetti non stitici, magari 1/2 o ¼ di compressa, per attivare la coleresi e liberare l’intestino.

In generale essa non presenta effetti collaterali di rilievo e non dà assuefazione, ma è opportuno che non venga somministrata in gravidanza e nella prima infanzia.

Modalità d’uso:
ogni persona deve trovare il suo dosaggio che solitamente è di una compressa alla sera, ma, a volte, può variare da 1/2 a 2 compresse da prendere la sera prima di coricarsi.

Ogni compressa è composta da 266 mg. di “mix estratto secco di Epilobio”, 133 mg di Estratto secco di Serenoa 30%, e circa 8 mg di Olio essenziale di Cipresso BIO

Il “mix estratto secco di Epilobio” è costituito da estratti secchi di: Epilobio (20%), Berberis (20%), Zucca semi (10%), radice di Ortica (10%), Parietaria (10%), Echinacea purpurea (10%).

Il Mix estratto secco di Epilobio deriva da estratto secco tradizionale. 

Epilobio

Nome botanicoEpilobiumangustifolium L. (sinonimi: Chamaenerionangustifolium, Chamerionangustifolium, Epilobiumspicatum).

Famiglia: Onagraceae

Utilizzo e farmacologia

L’epilobio è una pianta arbustiva a fiori rosa alta fino a 2 metri. Preferisce boschi radi, aree ruderali, fasce collinari e rive dei fiumi.  E’ pianta edibile in primavera (foglie, fusti e fiori).

Contiene composti fenolici come l’ellagitanninoenoteina B, flavonoidi, triterpeni e steroli, oltre a grosse quantità di derivati dell’acido gallico. E’ pianta fortemente astringente.

Nella tradizione erboristica moderna le parti aeree sono state usate come rimedio tonico ed astringente specifico per disturbi gastrointestinali quali coliche con diarrea cronica, diarrea acuta e dissenteria non grave, gastroenterite e vomito.  La pianta è stata anche usata in caso di infiammazioni, febbri, tumori, ferite ed eczema cronico, e in caso di prostatite acuta e iperplasia prostatica benigna.

Un estratto acquoso sembra avere effetti sul sistema riproduttivo di tipo antinfiammatorio.

Indicazioni

Disturbi cronici della prostata.

Posologia

1-4 gr al giorno di pianta secca.

Tossicità

Sicuro in genere se assunto alle dosi consigliate, ma i dati in gravidanza ed allattamento sono carenti ed è quindi preferibile non assumerlo. E’ comunque una pianta di interesse primariamente maschile.  Come tutte le piante ricche in tannini è controindicato o poco appropriato in caso di stipsi, anemia sideropenica (da carenza di ferro) e malnutrizione.

Non usare per periodi prolungati e usare cin cautela in caso di ulcere gastriche o infiammazioni gastrointestinali.

Crespino.

Nome botanicoBerberisvulgaris L. (Sinonimi: Berberisjacquinii, Berberis sanguinea)

Famiglia:Berberidaceae

Utilizzo e farmacologia

Il crespino è un arbusto o piccolo albero di cui si utilizzano a scopo terapeutico la radice, le cortecce del fusto e della radice, e a scopo alimentare/medicinale i frutti. I composti attivi principali sono gli alcaloidi isochinolinici come la berberina, la jatrorrhizina, palmatina, oxiacantina e magniflorina

Tradizionalmente le parti medicinali vengono usate per disturbi del tratto gastrointestinale (diarrea, indigestione), epatici e della cistifellea (ittero), renali e urinari, del tratto respiratorio, dell’apparato vascolare (emorroidi), come antipiretico e purificante del sangue, in caso di splenopatie, gotta, reumatismo, artrite, lombalgia, malaria e leishmaniosi.

La berberina è fortemente amara e colagoga ed ha mostrato forte attività in vitro contro batteri, micobatteri, protozoi e funghi.  In particolare è efficace su Staphylococcusaureus, Streptococcuspyogenes, Escherichia coli, Shigellaboydii, Candida albicans, Trichophytonmentagrophytes, Entamoebahistolyticae Giardia lamblia.

Si ipotizza che questa molecola agisca inibendo una proteina responsabile per ancorare i batteri patogeni Gram positivi alle membrane cellulari e in genere alle mucose. Si ipotizza inoltre che possa rinforzare l’integrità delle mucose, aumentare il flusso delle secrezioni mucose, inibire il metabolismo di certi organismi, diminuendo la produzione di tossine, e neutralizzandole.

L’estratto etanolico di Berberis e la berberina isolata mostrano attività antinfiammatoria ed antipiretica sia in modelli acuti che cronici, forse interferendo con la produzione di fattori proinfiammatori come l’interleuchina-1-beta ed il TNF-alfa, e inibendo la formazione di prostaglandine infiammatorie agendo sull’azione della COX-2.  Questa sua attività è promettente per il trattamento dell’epatite alcolica

La berberina esercita inoltre altre attività: antipertensiva, antiaritmica, inotropica positiva, antiepatotossica, ipoglicemizzante ed ipolipemizzante (LDL).

Indicazioni

Diarrea infettiva microbica acuta, gastrite, Giardiasi, disturbi epatici e della cistifellea, disturbi gastrointestinali, cattiva digestione.

Posologia

3-6 gr al giorno di corteccia

6-9 ml di estratto fluido 1:1

Tossicità

Le piante contenenti berberina potrebbero causare kernittero (o encefalopatia bilirubinica, un ittero neonatale patologico) nei neonati con carenza di  glucosio-6-fosfato deidrogenasi, se assunte in gravidanza, allattamento o se assunte da neonati.

E’ quindi preferibile non assumere crespino in gravidanza o allattamento, ed è controindicato usarlo in neonati con ittero.

Usare con cautela in caso di iperbilirubinemia coniugata, di patologie epatocellulari acute o croniche, colecisti settica, spasmi intestinali, ileo, tumore epatico.

La pianta potrebbe interagire con farmaci che interagiscono con il legame della bilirubina con proteine di legame, come il fenilbutazone.

Semi di zucca

Nome botanicoCucurbita pepoL.(Sinonimi: CitrullusvariegatusCucumis pepoCucurbita polymorpha)

Famiglia: Cucurbitaceae

 Utilizzo e farmacologia

Della zucca si usano i semi, che contengono fino al 35% di olio grasso, caratterizzato da un elevata percentuale di acidi grassi insaturi e comprendente acido linoleico (47%), acido oleico (29%), acido palmitico (14%) e acido stearico (8%), ma anche carotenoidi (luteina, carotene, beta-carotene), vitamina E (gamma- ed alfa-tocoferolo 3 mg/100 g), e fitosteroli (in particolare beta-sitosterolo).

La maggior parte degli rimedi che possono contribuire alla salute della prostata contengono come principio attivo il beta-sitosterolo, un fitosterolo che migliora i sintomi urinari e le misure di flusso urinario, probabilmente con attività antiproliferativa, portando ad un miglioramento della funzione della vescica e dell’uretra, e di conseguenza dei sintomi di IPB. L’olio di semi di zucca ha in effetti attività diuretica, e può ridurre il fastidio della vescica gonfia e dare la sensazione di riduzione delle dimensioni della prostata senza però ridurla effettivamente.

Uno studio clinico randomizzato ha studiato la combinazione di Cucurbita peposemen e Serenoa serrulata con buoni effetti su sintomi oggettivi e soggettivi di prostatite. Una combinazione di olio di semi di zucca, estratto di serenoa, estratto di radice di ortica, di bioflavonoidi di limone (33 mg) e di vitamina A (190 IU) assunta tre volte al giorno per sei mesi ha causato una riduzione nella massa della prostata

Posologia

Estratto oleoso di semi di zucca:  480 mg al giorno

Tossicità

Sicuro in genere, cautela in gravidanza ed allattamento per la scarsezza dei dati.

  1. Radice di ortica 

Nome botanicoUrtica urensL., Urtica dioica L. (sinonimi: Urtica trianaeUrtica galeopsifolia)

Famiglia: Urticaceae

Utilizzo e farmacologia

Pianta perenne da 50 cm a 1.5 m. Tradizionalmente, la radice di Ortica era utilizzata per le sue qualità nutritive e alterative.

Oggigiorno la radice si è rivelata una terapia efficace contro l’iperplasia prostatica benigna (stadio 1 e 2), in particolare per i disturbi della minzione associati alla malattia.

Si associa molto bene ai semi di Zucca e alla Serenoa serrulata per i disturbi prostatici infiammatori.

La radice contiene lectine, lignani, e polisaccaridi con attività immunomodulanti e leggermente antinfiammatorie.

L’estratto di radice di ortica mostra in vitro attività antiproliferativa sui tessuti prostatici, inibendo il legame della 125I-SHBG ai suoi recettori a livello prostatico. Mostra attività inibitoria della aromatasi, ma con meccanismo differente da quello della Serenoa; inibisce l’attività enzimatica della elastasi leucocitaria (EL – implicata nello sviluppo della IPB), inibisce il GF ed inibisce l’interazione tra 5-α-diidrotestosterone e globuline leganti gli ormoni sessuali.

I dati clinici relativi alla radice di ortica sono positivi, anche se i dati più recenti fanno riferimento alla combinazione di Urtica e Serenoa, e sono quindi di più difficile valutazione.

L’estratto ha dimostrato attività diuretica sia in modelli animali che in pazienti sofferenti di insufficienza cardiaca o venosa cronica. La radice accresce il volume delle urine, il flusso massimale di urine e la riduzione dell’urina residua.

In uno studio clinico in doppio cieco controllato con placebo su 40 pazienti, l’estratto di radice di Urtica ha dimostrato di ridurre in maniera significativa la frequenza urinaria e i livelli serici della globulina legante gli ormoni sessuali (SHBG)

In un secondo studio clinico controllato con placebo su 79 pazienti, l’estratto di radice di Urtica si è dimostrato superiore al placebo rispetto a flusso e volume urinario, e volume residuo.

In un terzo studio a struttura simile al precedente su 50 pazienti con BPH stadio I e II, lo stesso estratto a ridotto in maniera significativa il livello di SHBG e ha migliorato volume, flusso massimo e medio di urina.

Uno studio randomizzato in doppio cieco, controllato con placebo e parzialmente incrociato su 558 uomini con sintomi urinari da BHP che ha testato la radice di Urtica per sei mesi, ha mostrato un miglioramento nell’81% dei pazienti rispetto al 16% nel gruppo placebo.  Il punteggio della scala di valutazione prostatica è sceso da 19.8 a 11.8 nel gruppo verum e da 19.2 a 17.7 nel gruppo placebo. Il flusso urinario di picco è migliorato  di 8.2 mL/sec  per il verum e di 3.4 mL/sec per il placebo.

Indicazioni

Iperplasia prostatica benigna.

Posologia

Droga essiccata in polvere o decotto: 4-6 g giorno.

EF (1:1): 2-10 ml al giorno.

Estratto secco standardizzato: 240 mg al giorno

Tossicità

Nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un gran numero di donne. Mancanza di dati da studi animali.

E’ compatibile con l’allattamento al seno, ma i dati sull’utilizzo in gravidanza scarseggiano.

Può provocare occasionali disturbi gastrointestinali minori

Parietaria

Nome botanicoParietaria officinalisL.(sinonimo: Parietaria erecta)

Famiglia: Urticaceae

Utilizzo e farmacologia

Pianta perenne, comune, alta da 10 a 50 cm., originaria dell’Europa e del Caucaso. Contiene flavonoidi e derivati dell’acido caffeico.  E’ sempre stata considerata una pianta per il tratto urinario, ed ha un moderato effetto diuretico e demulcente. E’ stata utilizzata per il trattamento di ogni infiammazione del tratto urinario, specialmente quando si desiderava un effetto calmante del tessuto infiammato. Grazie all’effetto diuretico generale è stata anche utilizzata in cistite e pielite, per trattare  i calcoli renali, e per le difficoltà nella minzione e la minzione dolorosa.

Posologia

Droga essiccata in polvere o decotto 5-15 g giorno.

Tintura (1:5) 45% 100+ ml settimana.

Combinazioni

in caso di infezioni del tratto urinario si combina bene con Arctostaphylos uva-ursi, Barosmabetulina, Juniperuscommunis.

Tossicità :Nessuna di nota

Echinacea

Nome botanicoEchinacea purpurea (L.) Moench

Famiglia:  Asteraceae

Utilizzi e farmacologia

Le varie specie di echinacea utilizzate tradizionalmente in medicina sono tutte originarie degli Stati Uniti centrali e sud-occidentali, specialmente delle praterie dal Texas centrale al confine del New Mexico, su fino a Kansas, Nebraska, Colorado, Wyoming e Montana. 

Tradizionalmente l’Echinacea è stata utilizzata dalle tribù Plains come “un rimedio per più malattie di ogni altra pianta”. I Comanches usavano le radici per mal di denti e mal di gola, i Sioux per la rabbia, i morsi di serpente e condizioni di sepsi. Era anche utilizzata per trattare convulsioni, crampi di stomaco, adenopatie, eczema e ulcerazioni.

L’Echinacea purpurea contiene molti composti ritenuti importanti per l’attività della pianta: alchilamidi; isobutilamidi; poliacetileni; derivati dell’acido caffeico, come l’acido cicorico e l’echinacoside;  polisaccaridi, come eteroxilani ed arabinogalattani; flavonoidi: come quercetina, campferolo e isoramnetina; tannini; olio essenziale.

L’Echinacea e i suoi vari composti attivi (polisaccaridi,  alchilammidi, poliacetileni, acido cicorico, echinacosidi) stimolano la proliferazione dei fagociti (cellule NK e monociti) e la fagocitosi, aumentano le loro secrezioni di beta interferone, TNF-alfa, IL-1, e IL-6, tutte sostanze che stimolano le cellule NK e la loro attività antivirale. Mostrano inoltre attività antifungina, inclusa una specifica attività anti Candida. Inibiscono inoltre COX e 5-LOX, riducendo i fenomeni infiammatori, proteggono il collagene di tipo III dal danno ossidativo, e potrebbe essere attiva contro la ialuronidasi batterica.

Una metanalisi del 2007 sulla prevenzione e trattamento del raffreddore ha analizzato 14 studi clinici ed ha mostrato che l’Echinacea riduce il rischio di sviluppare il raffreddore del 58%, e riduce la durata del raffreddore di 1,4 giorni in media. Anche se alcuni studi avevano evidenziato effetti benefici anche sulla qualità della vita, è presto per poterlo dire con certezza. In una metanalisi del 2006 sui raffreddori indotti artificialmente, nei tre studi identificati l’Echinacea standardizzata riduce del 45% il rischio di sviluppare il raffreddore e riduce la sintomatologia di 1,96 punti sulla scala di misurazione.

L’utilizzo come immunostimolante preventivo non è supportato dai dati clinici, e il trattamento sembra più efficace se iniziato ai primi sintomi e prolungato per almeno 7-10 giorni. Ma in due metanalisi è stato osservata una riduzione del rischio di sviluppare il raffreddore  associata all’assunzione profilattica della pianta.

Indicazioni

  • Infezioni dell’alto tratto respiratorio
  • Candidiasi vaginale
  • Infezione da Herpes simplex virus tipo 1 e 2
  • Infezioni del tratto urogenitale

Posologia

Succo di pianta: 6–9mL/die

ES da succo: 300 mg/die in capsule

Durata del trattamento: 6-10 giorni

 Tossicità

Pianta sicura se consumata in maniera appropriata e nelle dosi consigliate.  Gli effetti collaterali più comuni sono quelli gastrointestinali, come nausea, dolore addominale, diarrea e vomito.  Più rare le reazioni allergiche, febbre, pirosi gastrica, stipsi, secchezza delle fauci, formicolio nella cavità orale, ulcere orali, ecc. 

Compatibile con l’allattamento al seno. L’utilizzo per 5-7 giorni nel primo trimestre sembra sicuro, anche se I dati non sono esaustivi. Usare con cautela e con supervisione professionale.

Cautela in caso di allergia alle Asteraceae.

Controindicata in pazienti trapiantati con terapia immunosoppressiva.

Compatibile con l’utilizzo nei bambini da 2 a 11 anni, quanto meno a breve termine (10 giorni).

 Interazioni

Possibili interazioni con ciclosporina (evitare), ciclofosfamide (evitare), chemioterapia antineoplastica mielosoppressiva (potenzialmente positivo ma evitare senza supervisione specialistica)interferone, IL-2 e immunomodificanti (potenzialmente positivo ma evitare senza supervisione specialistica), antagonisti del TNF-alfa e immunosoppressori (evitare)

Serenoa

Nome botanicoSerenoarepens(W.Bartram) Small(sinonimi: Serenoa serrulata, Sabal serrulata)

Famiglia: Arecaceae

Utilizzo e farmacologia

La Serenoa potrebbe agire sulla 5-α-riduttasi, inibendo la trasformazione di testosterone in diidrotstosterone, potrebbe inoltre inibire il legame degli androgeni con i recettori prostatici.  Lo studio era ben fatto e di dimensioni appropriate, ma furono espressi dei dubbi sulla qualità e la qualità dell’estratto usato nello studio, e sulla lunghezza del trattamento. Uno studio appena pubblicato tenta di porre rimedio a queste debolezze. Nello studio clinico, in doppio cieco, multicentrico, randomizzato e controllato con placebo (Barry et al. 2011), 369 uomini con BHP, di età minima di 45 anni, hanno ricevuto per 72 settimane il placebo o LESP (320 mg/dose) in due dosi, e alle settimane 24 e 48 i dosaggi sono stati aumentati del 100%. Sono state misurate sia le valutazioni soggettive dei pazienti attraverso il questionario  AUASI (American UrologicalAssociationSymptom Index), sia le misure di flusso urinario di picco, i livelli di PSA e il volume residuo post minzione. E’ stato osservato un leggero miglioramento dei punteggi del questionario in ambedue i bracci di trattamento, mentre le misure oggettive non sono cambiate. Gli effetti avversi sono stati praticamente  uguali per entrambi i gruppi (leggermente peggiori per il gruppo verum).

Messi assieme, i dati di questi due studi, certamente quelli di miglior qualità tra tutti quelli pubblicati, suggerirebbero che la Serenoaserrulata non fosse indicata nel trattamento dei sintomi urinari della BPH. Il condizionale è d’obbligo non solo perché comunque esistono molti dati positivi in letteratura, ma anche perché anche questo ultimo studio non è esente da critiche. In particolare il gruppo di ricerca del Centro di medicina integrativa di Careggi pubblica sull’ultimo numero di  Fitoterapia 33 una lettera di critica. Dei vari argomenti portati due sono a mio parere particolarmente ficcanti.

Il primo argomento ricorda una simile critica portata ad un famoso trial clinico su iperico e depressione, cioè di avere posto l’asticella troppo in alto: nel caso dell’iperico si trattava di averlo proposto come terapia per la depressione maggiore grave, quando già si sapeva che la pianta era utile in depressione minore. In questo caso, secondo il gruppo di Careggi, si tratta di proporre la Serenoa come trattamento per la BPH a qualsiasi stadio, mentre dalla precedente letteratura si sa che essa, se è efficace, lo è negli stadi iniziali della malattia, in soggetti giovani e che hanno volumi della prostata minori, con una AUASI di livello medio-basso, <10. In questo studio metà dei pazienti aveva genericamente più di 61 anni, una AUASI media di 14.5 , quindi una malattia sostanzialmente avanzata. Una stratificazione per UASI e/o età dei soggetti avrebbe potuto rilevare dei differenziali di efficacia dell’estratto

Una seconda critica, in qualche modo legata alla prima, si basa su un’altra possibile fonte di confounding: avendo infatti utilizzato una valutazione diretta del paziente piuttosto che un questionario anonimo, i pazienti più giovani possono essere portati a minimizzare la sintomatologia legata alla vita sessuale (Rhodes, 1995; Barry 1995), problema molto ridotto nei pazienti più anziani o in stadi di malattia più avanzati. Ci sarebbe quindi il rischio di un bias legato all’età che porterebbe a minimizzare gli effetti del rimedio.

Si può quindi concludere che gli ultimi studi devono cautelarci rispetto a certezze troppo solide rispetto all’efficacia della Serenoa, ma al contempo allertare rispetto alla necessità di progettare gli studi clinici in modo che possano misurare effetti realistici.

Indicazioni

Iperplasia prostatica benigna

Posologia

Estratto 10:1 standardizzato all’85-95% di acidi grassi e steroli: 320 mg/giorno.

Combinazioni

  • Sindrome della vescica irritabile o trigonite: Echinacea
  • Ipertrofia prostatica benigna: Cucurbita pepo,Urtica radix, HydrangeaarborescensEquisetumarvensis.
  • Affezioni genitourinarie: Parietaria officinalis.
  • Debilitazione e senilità maschile: Turnera
  • Tossicità

La serenoa è un rimedio sicuro, ed ha causato solo effetti collaterali minori e rari (di tipo gastrointestinale) ma gli studi sugli effetti in gravidanza sono scarsi, e per questa ragione sarebbe preferibile che le donne in gravidanza non lo usassero. Sembra invece sicura in allattamento.  Prima di usare la serenoa è necessario che sia esclusa la presenza di tumore prostatico, perché l’estratto potrebbe mascherarne i sintomi.

La combinazione UrticaSerenoa

In uno studio clinico controllato con placebo, 40 pazienti sono stati trattati con una combinazione di estratto di radice di Urtica (10:1, 240 mg/giorno) e di Serenoa (320 mg/giorno) per 24 settimane. Sono stati osservati miglioramenti significativi per il gruppo verum, con flusso di picco migliorato del 23% rispetto al 4% del placebo e riduzione della sintomatologia del 40% (placebo solo 7%)

In un secondo studio clinico randomizzato, multicentrico in doppio cieco, la stessa combinazione è stata comparata, in 516 pazienti con iperplasia prostatica benigna stadio I e II, ad un farmaco di riferimento, la finasteride (5 mg/giorno), per 48 settimane.

Entrambi i trattamenti hanno significativamente migliorato il flusso urinario e la sintomatologia senza differenze significative tra i due, ma minori effetti collaterali per gli estratti.

L’efficacia e la tollerabilità della stessa combinazione è stata investigata in 257 pazienti anziani con sintomi urinari da iperplasia prostatica benigna, in uno studio prospettico multicentrico in doppio cieco.  I pazienti del gruppo verum hanno avuto una maggior riduzione in sintomatologia (sia sintomi ostruttivi sia irritativi, e sia in caso di sintomi moderati sia severi) dopo 24 settimane rispetto al gruppo placebo.

La stessa combinazione di estratti ha ridotto i sintomi soggettivi di iperplasia prostatica benigna in maniera comparabile al farmaco tamsulosin in uno studio clinico prospettico, randomizzato e in doppio cieco.

Olio essenziale di Cipresso

Nome botanicoCupressussempervirens L.  (sinonimi: CupressussempervirensvarstrictaCupressussempervirensvar. horizontalisCupressushorizontalis)

Famiglia: Cupressaceae

Sommario L’olio essenziale è dominato dai monoterpeni, in psrticolare da α-pinene (> 55%), ∂-3-carene (> 30%), limonene (2.5-5%), terpinolene (2.4-6%), sabinene, e β-pinene (3%).

L’olio essenziale ha azione antisettica, deodorante, decongestionante ed espettorante.

Tossicità

Non tossico a basse dosi per uso interno.  Moderatamente irritante su pelle di coniglio ma non irritante, non sensibilizzante, non fototossico al 5% su pelle umana.

  1. Compresse di Epilobio composto

Avvertenze: viste le componenti individuali, è sconsigliato utilizzare il prodotto:

  • in bambini sotto i 10 anni
  • in donne in gravidanza o che allattano
  • in caso di tumore prostatico o epatico
  • in caso di allergia alle Asteraceae.
  • in caso di pazienti trapiantati con terapia immunosoppressiva
  • in caso di iperbilirubinemia coniugata,
  • in caso di patologie epatocellulari acute o croniche
  • in caso di colecisti settica
  • in caso di spasmi intestinali

Il prodotto potrebbe interagire con:

  • farmaci che interagiscono con il legame della bilirubina con proteine di legame, come il fenilbutazone
  • ciclosporina; ciclofosfamide; chemioterapia antineoplastica mielosoppressiva; interferone, IL-2 e immunomodificanti antagonisti del TNF-alfa e immunosoppressori

Rhodiola rosea, marrubium vulgare, zea mays, ilex paraguayensis, lepidium meyenii

 

Rhodiola
L’uso della Rodiola rosea, il cui nome deriva dal profumo dei suoi fiori giallo-rossi evocativo delle rose, ha una storia leggendaria.
In Siberia e Georgia vi è un detto secondo il quale chi beve regolarmente tè di Rodiola vivrà per più di un secolo. La radice impiegata per migliorare le prestazioni fisiche e la resistenza individuale, veniva somministrata alle coppie prima del matrimonio per favorire la nascita di bambini sani e belli. Per migliorare il loro adattamento all’elevata altitudine, le popolazioni del Tibet integravano la propria alimentazione con la Rodiola, mentre gli abitanti della Siberia facevano uso della radice per aumentare la loro resistenza alle basse temperature ambientali.
I primi studi scientifici sulla Rodiola risalgono alla prima metà del secolo scorso, quando diversi scienziati, per lo più russi, iniziarono ad osservare gli effetti che aveva questa pianta indigena, ma solo nei primi anni ’60 le informazioni sui benefici e le proprietà della Rodiola sono stati resi pubblici al mondo occidentale.
Pianta appartenente alla famiglia delle Crassulacee, è spontanea nelle zone montuose nord-europee, nord-asiatiche e nord-americane.
Fondamentalmente sono due i campi di applicazione delle radici di questa pianta:

  • come adattogenoantistress (la presenza di glucosidi fenilpropanoidici, in particolare il salidroside e la rosavidina – simile all’eleuteroside B, dell’eleuterococco – sono la causa della sua capacità di favorire in generale la capacità di apprendimento e di memoria. Inoltre stimola la produzione a livelli plasmatici di beta-endorfine che prevengono le variazioni ormonali indicative del livello di stress; mostra un effetto cardioprotettivo e migliora la resistenza dell’organismo alle tossine) 
  • come dimagrante (stimola la lipolisi trasformando gli accumuli di cellule adipose in prodotti facilmente “demolibili”. Uno studio eseguito su 130 pazienti in soprappeso ha prodotto una perdita media di 9 chili in tre mesi. Nei pazienti sedentari la lipolisi risultava aumentata del 17%, nei pazienti che praticavano attività sportive raggiungeva il 44%. L’azione dimagrante è inoltre legata alla capacità della Rodiola di aumentare circa del 30% circa i livelli di serotonina nel SNC, sostanza capace di togliere il desiderio ossessivo dei carboidrati e svolgere una azione sedativa-antiansia, riducendo notevolmente la fame ansiosa. I glicosidi contenuti nella radice sono pure capaci d’incrementare i livelli di dopamina, sostanza capace di trasmettere al SNC un segnale i sazietà.

Marrubio
Tradizionalmente il marrubio (fam. Lamiaceae) è utilizzato nel trattamento della tosse e delle affezioni bronchiali acute.
“Celso lo dava già nella tisi unendolo al miele o alla terebentina-Baglivi nell’itterizia, bollito con il siero di latte. (….). Gilibert lo chiama una delle migliori piante d’Europa: ed Alibert dichiara che in tutte le circostanze nelle quali la medicazione tonica è indicata, può venire amministrato con maggior vantaggio di altri vegetabili meno energici, quantunque più lodati” (Scotti,1872)
Ricco in tannini (3%), sostanze amare (Marrubina 0,3 – 1%), mucillagini, flavonoidi, antociani e sali minerali viene utilizzato oltre che per patologie a carico dell’apparato respiratorio anche nelle turbe dispeptiche, in caso di obesità, cellulite, dermatosi.
Alla pianta viene riconosciuta un’attività colagoga e coleretica dovuta non alla marrubina ma al suo prodotto d’idrolisi, l’acido marrubinico.
Dalla letteratura più moderna sono segnalate inoltre anche proprietà ipotensive, vasodilatatrici e cardioregolatrici. La marrubina svolge azione favorevole infatti sulle extrasistoli.

Mais
Il nome della pianta del mais (Fam. graminacee) deriva da “mahis” nome haitiano e da ”ezea”o “zeja” che in greco significa “traggo la vita”.
Le parti della droga usate in fitoterapia (stili e stimmi dei fiori femminili, barba di meliga) sono caratterizzate dalla presenza di una notevole quantità di componenti attive: lipidi, acido linoleico, palmitico, laurico, idrocarburi, fitosterolo, glucidi, betaina, allantoina, enzimi perossidasi e ossidasi, saponine, tannini polifenolici ecc.
Le sue principali azioni si svolgono a carico delle vie urinarie e del tratto interessato dagli elaborati della ghiandola epatica.
Utilizzato come rilassante diuretico e rinfrescante; per via empirica si usa come rimedio antispastico sulla muscolatura liscia, utile anche nel soprappeso.
Grande successo si riscontra nella somministrazione in casi di iperuricemie, nella gotta, nella litasi renale, nelle nefriti, nelle ipertensioni e nella cistite.
Utile nella nefrolitasi uratica e fosfatica e nelle affezioni reumatiche.
Inoltre particolare interesse mostra l’azione disintossicante nei confronti dei cataboliti nelle manifestazioni di psoriasi e nelle malattie del ricambio, e quindi ottimo nel trattamento dell’obesità.
Non va poi dimenticata l’azione dei sali di potassio delle barbe che, favorendo il processo osmotico a livello dell’epitelio renale, lo rendono un valido coadiuvante nelle diete dimagranti.

Matè
Il Mate appartiene alla famigli degli agrifogli (aquifoliaceae).
La primaria costituzione fitochimica del matè comprende xantine (caffeina, teobromina e teofillina), saponine e 10% di acido clorogenico.
Sono anche presenti steroli simili all’ergosterolo e al colesterolo e alcune nuove saponine localizzate nella foglia (chiamate metasaponine). Le saponine sono elementi chimici dalle rinomate attività farmacologiche, inclusa l’azione di stimolante del sistema immunitario, recentemente documentata dalla ricerca. In più la foglia è una ricca fonte di vitamine, minerali e aminoacidi.
L’uso tradizionale del matè per l’affaticamento è spiegabile grazie al suo principale principio attivo: la caffeina.
Alcuni ricercatori svizzeri hanno condotto uno studio nel 1999 che indicava come il mate potesse contribuire alla perdita di peso corporeo. Hanno infatti notato un effetto termogenico negli individui sani indicativo di un aumento proporzionale dei grassi bruciati come energia.
Numerosi studi hanno poi dimostrato una significativa attività antiossidante collegata al rapido assorbimento degli elementi antiossidanti contenuti nelle foglie.
Un infuso di foglie di matè ha infatti una documentata azione inibitoria della periossidazione dei lipidi,in particolare dell’ossidazione delle LDL (lipoproteine a bassa densità) che si ritengono essere il fattore iniziale nella patogenesi dell’arteriosclerosi.
Un altro studio in vitro ha evidenziato come la droga inibisca la formazione degli AGE (acidi grassi essenziali) che giocano un ruolo nello sviluppo delle complicazioni del diabete, con un effetto comparabile a quello di due farmaci inibitori degli AGE.

Maca
Pianta appartenente alla famiglia delle Brassicacee, cresce sui pendii peruviani a 3000-4000 metri di altezza.
Usata da secoli dalle popolazioni Inca tanto da essere considerata il “ginseng peruviano”, oggi è entrata nei protocolli di ricerca di studi a livello mondiale, dato le numerose forme di applicazione terapeutica di questo tubero.
Analizzata in laboratorio dimostra che i vasti campi d’applicazione della pianta sono dovuti alla grande quantità di principi attivi in essa contenuti: proteine, vitamine del gruppo B, C, D, E, sali minerali, fitosteroli, glucosinolati aromatici, isotiocinati che sembra prevengano alcune forme degenerative tessutali.
È essenzialmente una pianta adattogena ed immunostimolante, dona vigore ed energia, benessere psico-fisico, cura gli squilibri ormonali, stanchezza, infertilità, aumenta la resistenza contro le infezioni, normalizza le funzioni fisiologiche, ristabilendo l’omeostasi.
Grazie al contenuto in vitamine antiossidanti, flavonodi, acidi grassi essenziali, ha la proprietà di rallentare i processi degenerativi dell’invecchiamento, previene la caduta dei capelli e mantiene il giusto grado di idratazione della pelle e della tonicità dei tessuti.

Azione complessiva
Ottimo dimagrante perché associa piante con una spiccata azione di stimolazione del metabolismo basale con piante che contribuiscono ad un adeguato sostegno psico-fisico.
Il particolare interesse da rivolgere a codesto composto è la capacità di attivare i processi di dimagrimento senza alterare i processi ormonali della tiroide (organo da stimolare il meno possibile, dati i numeri sempre maggiori di persone che soffrono di iper o ipotiroidismo o ancor peggio, perché meno evidente, con cisti a carico della ghiandola).
L’azione di base è poi supportata da piante di interesse storico quali mais e marrubio.
Durante i processi di “alleggerimento” della massa grassa l’organismo si trova nella condizione di dover smaltire gli elaborati di scarto che già di per sé il corpo produce variando solamente l’alimentazione (processi di depurazione), maggiormente se il processo è velocizzato dall’assunzione di dimagranti; gli organi quindi di “filtraggio”dei cataboliti prodotti necessitano quindi di essere supportati da piante depuranti e drenanti quali le sopra citate.

Posologia
2 cpr mattina a digiuno più 2 cpr prima di pranzo.

In casi di obesità associare: mg di fraxinus e., fagus s., alnus g., rosmarinus o.

Se alla condizione di soprappeso si associano anche problematiche a carico della circolazione periferica degli arti e ristagno di liquidi localizzato è opportuno associare la tm. di betulla composta.

N.B.
Si consiglia di far precedere l’assunzione delle compresse a un periodo di 2 settimane con tisane depuranti oppure cpr di carciofo-tarassaco oppure tm di tarassaco composto.

Controindicazioni
Allattamento, gravidanza, forti ipertensioni o disturbi cardiaci gravi, ragazzi sotto i 16 anni.

Il rusco composto ha un’azione complessiva sulla circolazione (anche delle gambe gonfie) e migliorativa delle situazioni cellulitiche grazie nello specifico alle seguenti piante:

  • Centella con la sua azione capillaroprotettrice e migliorativa della circolazione in generale
  • Rusco con doppio effetto diuretico e vasoprotettore (è un vasocostrittore che agisce sia sui vasi venosi che arteriosi ). È anche antiedematosa e favorisce la fluidificazione del sangue e l’eliminazione dei ristagni
  • Betulla con la sua azione diuretica e depurativa aiuta l’eliminazione delle scorie che vanno ad appesantire la circolazione.
  • Ippocastano con i suoi principi attivi che esplicano azione prevalente e specifica sui vasi sanguigni fluidificando il sangue e riducendo gli edemi e le stasi sanguigne che causano gli accumuli di varie scorie nelle zone cellulitiche.
  • Tarassaco che aiuta l’eliminazione delle scorie anche attraverso il fegato e l’intestino!
  • Finocchio che anche aiuta l’intestino a lavorare meglio soprattutto evitando formazione e ristagni di aria nell’intestino.

Come si può notare l’azione è complessiva e non può essere altrimenti, in quanto le cause (molteplici ) della cellulite sono veramente molte e svariate e con questa formulazione si è cercato di tenere presente le più comuni e diffuse.

Abbinamenti:
Betulla composta + linfa betulla insieme 50+50 gg 3 volte al giorno: questa combinazione ci è stata caldeggiata da un esperto erborista nostro cliente che la sperimenta con successo da parecchi mesi.

60 compresse da 500 mg
di cui 400 mg di miscela di estratti secchi di:
Echinacea angustifolia 0.1%,
Echinacea purpurea 4%,
Propolis 2.5%,
Spirea olmaria 0.05%,
Salice bianco 3%,
Timo volgare,
Elicrisio,
Genziana,
Zenzero.

Attività fisiologica:
fortemente e specificatamente antisettica è l’azione delle due echinacee, del timo e dell propolis per la cui descrizione dettagliata vi rimandiamo alle singole schede; in questa composizione abbiamo abbinato questa specifica attività con quella antiinfiammatoria, analgesica, febbrifuga e antireumatica del salice e della spirea olmaria; infatti il salice è notissimo per il suo contenuto in glucosidi dell’alcool salicilico e derivati analoghi che sono utili per gli stati febbrili, i dolori reumatici e muscolari, la sintomatologia influenzale. Poco nota è l’azione che favorisce la normalizzazione dell’iperacidità gastrica e dello squilibrio della secrezione di enzimi digestivi che portano alla eliminazione di cibo non perfettamente digerito (con conseguente formazione di “umori perversi” ): in questa funzione il salice viene coadiuvato dalla genziana, dall’elicriso(attivatore anche del sistema immunitario) e dallo zenzero (che è anche un tonico del polmone secondo la MTC).

Per quanto riguarda la spirea olmaria che contiene olio essenziale e glucosidi flavonici, vit. C, la sua azione elettiva è costituita da un energica azione su tutte le forme legate al ristagno dell’acqua e di acidi urici nell’organismo, dei quali favorisce l’eliminazione attraverso l’apparato sudorifero e urinario. Autori moderni ne hanno confermato l’effetto potentemente diuretico e depurativo, che viene sfruttato soprattutto negli stati influenzali e reumatici.

Azione complessiva
la composizione si presta a combattere stati influenzali e disturbi da raffreddamento legati anche a infezioni batteriche, è utile come preventivo in quanto combatte le infezione batteriche, ma al tempo stesso potenzia il sistema immunitario.

Pertanto in caso di stato influenzale conclamato è adatta a favorirne il decorso in modo naturale aiutando il corpo a liberarsi di tutte le tossine ( gli umori perversi che si sono generati).

Modalità d’uso:
come preventivo 2/4 compresse al giorno; in fase acuta 4/8 compresse al giorno.

Eleuterococco
Ginseng
Germe grano

60 capsule contenenti: 50 mg. di Estratto secco di Ginseng (Indena) titolato al 14% in ginsenosidi Rg1, ottenuto esclusivamente dalle radici centrali del Ginseng; 290 mg. di Olio di germe di grano ottenuto da spremitura a freddo; 50 mg di estratto secco di Eleuterococco 0,8% (produzione Indena)

Azione fisiologica
È una classica miscela di sostanze naturali con azione tonica, ricostituente, stimolante. Migliora la risposta dell’organismo ai vari stress: viene infatti consigliata per come rinvigorente per sportivi, come stimolante immunitario nei vari casi di deperimento e indebolimento organico, per migliorare il rendimento scolastico.

In realtà, questa “squadra” contiene tutti i “pezzi da novanta” della ricostituzione organica, dal punto di vista strettamente fisico che neurale. Il Gin-seng, come abbiamo visto, è una droga potentemente neurotonica, fa circolare le nostre energie ci mette in condizioni di affrontare – quasi – senza danno, stress ed estreme condizioni e inoltre stimola le difese immunitarie; l’olio di Germe di Grano è una fonte primaria di vitamine liposolubili (A, E, F), a dosaggi moderati ma altamente assorbibili, efficaci e naturalmente equilibrate tra di loro.

Modalità d’uso
2/3 capsule al mattino a digiuno.

COMPOSTI

Mix. Bardana, Carciofo, Finocchio, Rabarbaro, Fumaria, Pilosella

Si tratta di un “classico” della depurazione; prima di analizzare le varie droghe, in questo caso ci pare opportuno rilevare l’azione globale del preparato: esso permette una decisa attivazione di varie funzioni corporee, come la diuresi, la coleresi e – leggermente – l’alvo.
Attraverso questo processo si tende all’espulsione delle scorie metaboliche dovute ad una alimentazione non equilibrata adeguatamente oppure ali’ assunzioni di farmaci o alla permanenza in luoghi inquinati.
Ma lo scopo fondamentale della realizzazione di questa formula è il trattamento delle dermatosi.

Bardana
Pianta depurativa per eccellenza, attiva in modo blando ma sicuro la diuresi e la coleresi; nelle lunghe somministrazioni favorisce l’espulsione per le vie naturali di tutti i materiali di scarto prodotti dai tessuti vitali. L’azione è lenta ma si protende e si estende verso i distretti organici più “lontani” (pelle e articolazioni). Nelle dermatosi la sua azione si esplica in modo a volte miracoloso. Soprattutto nelle forme suppurative, come l’acne o gli eczemi essudanti, rappresenta il rimedio d’elezione.

Carciofo
La droga concorre all’ azione generale attraverso il suo potente effetto coleretico-colagogo e sulle vie metaboliche fondamentali (metabolismo proteico, Iipidico e glucidico); essa favorisce la diuresi, migliora l’attività gastrica (e chi si interessa di Medicina antica dell’Occidente sa quanto è importante la “prima cozione” che avviene nello stomaco, origine e crocevia di tutte le trasformazioni organiche).
Il Carciofo permette a tutti i grandi sistemi organici (epatico, renale, gastrico, pancreatico) di funzionare con la massima efficienza; l’assunzione sistematica di preparati contenenti questa droga conferiscono un grande senso di benessere; il senso di benessere, di leggerezza è uno dei sintomi sempre riportati da coloro che impiegano questa pianta per trattare vari problemi, prima ancora che vengano rilevati analitica mente i risultati del trattamento stesso.

Finocchio
Questa ombrellifera è usata per il trattamento di molte affezioni fin dall’antichità: secondo i testi di medicina di epoca romana, il Finocchio è droga che agisce sullo stomaco, sull’intestino, sulla vista, sui reni, sul fegato, sugli avvelenamenti, come galattogena e galattogoga e così via.
Le azioni di maggior rilievo che vengono sfruttate con maggiore efficacia sono quella a carico dell’apparato intestinale (come antispastico ed antimeteorico), quella stomachica e digestiva e quella diuretica. Queste azioni contribuiscono alla realizzazione dello stato di benessere dovuto all’azione globale delle miscele depurative.

Rabarbaro
“Medicina benedetta” diceva il medico del Califfo di Bagdad Mesuè (Yuhanna ibn Mahasawi, VlIIo sec. d.C.), nel suo libro “I semplici solutivi”. Secondo gli antichi il Rabarbaro è un purgante piuttosto blando (ovviamente a dosi moderate), particolarmente adatto ad espellere i residui perversi della Bile gialla (e la Bile gialla è il fattore determinante per l’insediarsi di fatti infiammatori acuti, dolori, febbri ed irascibilità).
La droga è adatta anche agli intestini delicati ed in ogni caso un leggero effetto lassativo è utile durante i trattamenti depurativi. La presenza di tannini ed altri polifenoli conferisce ai preparati una azione decongenstionante e antiinfiammatoria sull’intestino, che compensa la moderata azione irritante dovuta agli antrachinoni.
A dosi moderate, prima che si esplichi l’azione lassativa, il Rabarbaro esercita un ottima azione coleretica e colagoga.

Fumaria
Come il Rabarbaro, secondo gli antichi, permetteva l’espulsione della Bile gialla per via intestinale, così la Fumaria permette la loro espulsione per via renale.
La Fumaria è pianta epatica per eccellenza, aumenta il lume della vena porta e favorisce quindi l’irrorazione sanguigna del fegato.
La pianta possiede tutta una serie di importanti proprietà (antiipertensiva, soprattutto sulla p.a. minima, antidermatosica ed antipruriginosa, diuretica, spasmolitica sulla muscolatura liscia – simile a quella dovuta alla papaverina -, “anfocoleretica” – vale a dire che aumenta il flusso biliare scarso e riduce quello troppo abbondante -, giova nelle emicranie legate a disfunzioni epatobiliari).
Inoltre grazie alle sue proprietà sul!’ apparato epatobiliare ed alla sua capacità di “espellere i residui di Bile gialla perversa”, secondo la visione Ippocratico-Galenica, migliora l’umore e riduce l’irritabilità e l’irascibilità.

Pilosella
Pianta considerata “minore”, ha invece rivelato importanti proprietà che poi la hanno portata negli ultimi anni a divenire quasi” alla moda”.
In realtà essa possiede un effetto diuretico molto potente, pur essendo priva di effetti collaterali. All’ effetto “idragogo” (ovvero di eliminazione di liquidi, di acqua) è associato un effetto di eliminazione di cataboliti, come i doruri e soprattutto gli azotati (urea ed acido urico) inoltre essa possiede anche una – pur lieve, ma nettissima – azione antibiotico-simile su vari microrganismi patogeni: questa azione si esplica sia a livello dell’apparato genito-urinario che su quello gastrico e sulle mucose in generale.
Grazie alle cumarine, esplica anche una blanda azione anticoagulante e la rendono interessante nei trattamenti sui soggetti affetti a turbe cardiovascolari.
Complessivamente si tratta di una droga indispensabile nella formulazione di preparati “depurativi” e drenanti, soprattutto nelle soluzioni idroalcoliche; essa è una delle droghe che funziona meglio in questa forma.
Nella tradizione popolare della Toscana meridionale, la Pilosella è utilizzata nel trattamento dei disturbi gastrici (gastrite, ulcera gastro-duodenale).

Mix. Carciofo, Tarassaco, Cardo Mariano

Carciofo
Pianta comune, usata come ortaggio fin dall’antichità; i Romani ne impiegavano le coste delle foglie caulinari ancora giovani o fatte “imbianchire” come i nostri Cardi; solo successivamente si usarono i capolini immaturi.
Tutte le parti della pianta sono fortemente amaro-astringenti, soprattutto per la ricchezza in polifenoli (come tannini e flavonoidi), che conferiscono la componente astringente e in lattoni sesquiterpenici, che conferiscono la componente amara alla droga.
La sua azione è varia e complessa, ma si esercita prevalentemente sull’asse epato-renale; il Carciofo è uno dei più potenti coloretici e colagoghi presenti nell’area mediterranea ed europea; il senso di leggerezza addominale è assicurato per tutti coloro che soffrono di disturbi epatici.
È inoltre un ottimo diuretico, non potente, ma blando e sicuro, adatto all’eliminazione dell’acido urico e di tutte le scorie azotate.
Non basta; l’effetto più importante del Carciofo è forse quello a carico dei vari sistemi metabolici: la droga permette di ottenere rapidi e rilevantissimi effetti su tutta una serie di turbe metaboliche.
Tra esse sono particolarmente degne di nota:
a – dislipemie, come ipercolerolemia e ipertrigliceridemia;
b – diabete mellito con importante iperglicemia;
c – iperuricemia e sindromi gottose (l’effetto sul metabolismo degli urati si somma a quello uricosurico, prima rammentato).
Ripetiamo: l’effetto, qualora si esplichi, è rapido e rilevante (se le persone che lo assumono sono sensibili all’azione della droga); i riscontri analitici si possono avere entro periodi inferiori ai trenta giorni.

Tarassaco
Chiamato dagli antichi “Cicoria selvatica” è un altro dei pilastri del trattamento delle epatopatie associate a disturbi metabolici; anche essa è droga renale, anzi la sua azione sull’epitelio renale è superiore a quella del Carciofo. Il Tarassaco può essere definito “pianta globale”, in quanto coleretico, colagogo e diuretico, dal punto di vista del drenaggio delle scorie metaboliche; infatti è uno degli ingredienti ricorrenti nella formulazione delle
preparazioni depurative.
Sempre secondo la visione degli antichi medici di area mediterranea è droga Fredda e Secca in grado moderato, adatta quindi a “rinfrescare” il fegato ed i reni “surriscaldati”, cioè soggetti a fatti infiammatori ed a varie disfunzioni legate ali’ eccesso di “Calore”.
La pianta è quindi attiva nel trattamento delle dislipemie (ipercolesterolemia e ipertriglicerdiemia), nell’insufficienza epatica e nelle steatosi.
Agendo come drenante sull’asse epato-renale, predispone il fegato – decongestionandolo – a subire i trattamenti ricostruttivi sulle lesioni del parenchima.

Cardo Mariano
Per gli antichi era considerata pianta Calda e Secca in grado moderato, adatta a deostruire e “ripulire” il tessuto epatico.
Oggi è nota la sua azione ricostruttiva sulla cellula del parenchima epatico; è droga di elezione tutte le volte che si vuole restituire al tessuto l’integrità originaria. Certo, non sempre è possibile far regredire le forme degenerative molto avanzate del tessuto, ma certamente, grazie a questa droga si può senz’altro sperare di arrestarne l’evoluzione. Le forme steatosiche e cirrotiche sono quelle nelle quali il Cardo Mariano può dare importanti e spesso quasi miracolosi risultati.
La Dottrina della “Signatura” ci indica che la pianta, la quale ha macchie bianche lungo le nervature delle foglie, simboleggia un tessuto bianco improprio “innestato” su un tessuto funzionale; nel nostro caso indica la presenza di tessuto grasso infiltrato nel parenchima epatico funzionale (nel caso della steatosi) o di tessuto fibroso (meno chiaro di quello grasso, ma rilevabile, come nel caso della cirrosi) .
Il “cocktail” di principi attivi che contiene permette anche il suo utilizzo nelle varie forme infiammatorie epatiche, anche di origine epatica, come le cirrosi prevenendo o curando le lesioni che si formano in queste circostanze.
Il “Mix.” presentato rappresenta un eccellente presidio per la maggior parte delle epatopatie, soprattutto quelle a carattere disfunzionale (insufficienza epatica), degenerativo (steatosi e cirrosi) ed infiammatorio-infettivo (epatiti).
Non solo, ma esso è anche un importante complemento nel trattamento di alcuni tipi di dismetabolismo, soprattutto nelle dislipemie (come le ipercolesterolemie e le ipertrigliceridemie) e nel diabete mellito.
Non è indicato nella colelitiasi.

Associazioni: Gemmoderivati – Corylus avellana, ]uniperus communis, Rosmarinus officinalis.
Soluzioni idr. alc. – Rosmarinus officinalis, Agrimonia eupatoria, Helycrysum italicum.

Integratore alimentare a base di estratti idroalcolici di piante.

Ingredienti
Alcool, acqua, betulla (Betula pendula L.) foglie, centella (Centella asiatica (L.) Urb.) foglie, mais (Zea mais L.) barbe, vite rossa (Vitis vinifera L. var. rubra) foglie.

Betula pubescens Ehrh. (syn.: B. alba L.) – foglie
Albero sacro al pari di Frassino e Quercia, la Betulla è considerata un “albero di luce”, simbolo cosmico della ciclicità della vita nonché emblema di rigenerazione e rinnovamento della vita. È tradizionalmente posta sotto il segno di Venere, in virtù della sua importante azione sui reni e sull’apparato urinario.

Componenti caratterizzanti: eterosidi triterpenici (betulina), flavonoidi e composti correlati (iperoside, quercitina, betuletolo, proantocianidine), triterpenoidi dammaranici e loro esteri, resine (betulalbina), tannini, salicilato di metile (come glicoside gaulterina), olio essenziale (principalmente a sesquiterpeni) [Driope, Rickling, Sangiorgi, Vladimirov].

Culpeper la pone sotto il segno di Venere in virtù della sua capacità di rompere i calcoli dei reni e della vescica, oltre che di sanare le ulcere della bocca. Analoghe proprietà le sono riconosciute dal Mattioli. Inoltre, si oppone alla putrefazione e tratta le macchie cutanee [Culpeper, Giannelli, Mattioli].

Tradizionalmente le è riconosciuta azione diuretica, diaforetica, antilitiasica, cicatrizzante e antiputrefattiva. È in grado di ridurre l’albuminuria e di calmare la dispnea. Ha anche un’azione antiinfiammatoria e analgesica [Sangiorgi].

La betulla ha un effetto diretto sull’epitelio renale senza però causarne l’irritazione; anzi le è riconosciuta un’azione protettiva su tale epitelio [Driope, ESCOP, Sangiorgi, Wood]. Oltre ad aumentare il volume di urina, la betulla incrementa l’escrezione di urea, acido urico e ioni cloruro [Driope]. Nello specifico, la betulla ha valenza di disinquinante emolinfatico con particolare azione sulle scorie azotate presenti nei tessuti e nei liquidi dell’organismo. È specialmente utile nel caso di accumulo di liquidi nel tessuto connettivo in genere e nel tes­suto adiposo, consentendone una rapida rimozione. [Iozzi, Iozzi2]

Ha anche proprietà antisettiche e antiinfiammatorie. [Driope]

Si impiega, quindi, come diuretico idrurico[1] in caso di: oliguria; cistiti, uretriti e pielonefriti; calcolosi renale e vescicale o renella; iperuricemia e gotta; problematiche reumatiche in particolare con oliguria e componente dolorosa molto forte. Inoltre è indicata, come coadiuvante, in caso di ritenzione idrica, artrosi e cellulite. In virtù del suo tropismo cutaneo, può essere adoperata come drenante e antisettico nelle dermatiti.

Centella asiatica (L.) Urb. – foglie
Pianta della tradizione asiatica, che cresce oggi abbondantemente nelle zone ombrose e umide tropicali e subtropicali di diverse parti del mondo, tra cui India, Sri Lanka, Madagascar, Sud Africa, Australia, Cina e Giappone, la Centella è una pianta commestibile e che vanta una lunga storia d’uso nelle medicine tradizionali orientali, quali l’ayurvedica e la cinese.

Componenti caratterizzanti: composti triterpenici, di cui i più importanti sono gli acidi asiatico acido e madecassico (6-hydroxy-asiatic acid), con i rispettivi glucosidi (saponosidi triterpenici) asiaticoside A e B e madecassoside, nonché gli acidi madasiatico e betulinico; composti flavonoidici come quercetina, kaempferolo, patuletina, rutina, apigenina e miricetina; polisaccaridi (es., centellose), poliacetileni (es., cadinol, acetoxycentellinol, centellin, centellicin, and asiaticin), steroli e acidi fenolici (es., rosmarinico, clorogenico e isoclorogenico). [Orhan]

Nella medicina ayurvedica, la centella (conosciuta anche come gotu kola) bilancia Kapha and Pitta ed è usata come Rasayana (droga ringiovanente/antietà), migliora la forza fisica, la forza della voce, le caratteristiche della pelle, il potere digestivo e l’intelligenza.

Risulta utile nelle emorragie, nelle malattie della pelle, nel diabete e nelle malattie dell’apparato urinario, in caso di febbre, asma, tosse, raffreddore, anoressia e avvelenamenti. È un tonico cardiaco, migliora l’intelligenza e la memoria e allevia le infiammazioni. [EasyAyur]

In India è considerata una delle piante più attive per la rivitalizzazione dei nervi e delle cellule nervose [Sangiorgi]. Il suo maggior impiego è stato quello di supplemento a supporto delle funzioni cognitive, al pari di Bacopa monnieri, pianta con la quale la centella condivide lo stesso nome tradizionale (Brahmi).

Secondo la Medicina Tradizionale Cinese, è classificata come erba che purifica il Calore e allevia la tossicità. Nello specifico:

  • Purifica il Calore, promuove la diuresi, risolve i rigonfiamenti e allevia la tossicità: è indicata in caso di dissenteria, itterizia dovuta a Calore-Umidità, traumatismi, piaghe, ascessi e bolle, ematuria, mal di gola, rosolia, congiuntivite, scabbia, epistassi, urolitiasi, diarrea dovuta a Calore estivo, dolori addominali dovuti a malattie esantematiche.
  • Dinamizza il Sangue, riduce i gonfiori e ferma il dolore: è indicata in caso di traumatismi.
  • Risolve il Calore-Umidità: tratta enteriti e dolori addominali.
  • Rinfresca il Sangue e ferma le emorragie: tratta le emorragie dovute a Calore nel Sangue, ematemesi, emottisi.
  • Purifica il Fegato e fa brillare gli occhi: è indicata in caso di cecità notturna nei bambini, infiammazioni oculari, cataratta, glaucoma. [AmDragon]

La ricerca scientifica ha confermato per la Centella un ampio spettro di azioni, riconoscendola quale: vulneraria (accelera la guarigione delle ferite), antiinfiammatoria, antipsoriasica, antiulcera, epatoprotettiva, anticonvulsiva, sedativa, immunostimolante, cardioprotettiva, antidiabetica, citotossica e antitumorale, antivirale, antibatterica, insetticida, fungicida, antiossidante nonché attiva nei confronti della lebbra. Favorisce la guarigione di ferite recenti o croniche, somministrata sia oralmente sia per uso topico. È risultata efficace in numerose malattie del circolo venoso, con riduzione della dilatazione delle vene e dello stato edematoso. Il fitocomplesso ha dimostrato di possedere attività ansiolitica e di migliorare il quoziente intellettivo in bambini con ritardo mentale. [Orhan, Sangiorgi]

In particolare l’asiaticoside ha mostrato, in diversi studi su animali, di aumentare la vascolarizzazione e il trofismo del tessuto connettivo, stimolare la sintesi di glicosamminoglicani ed aumentare l’elasticità del derma. Secondo alcuni autori, i successi ottenuti nel trattamento della cellulite con gli estratti di Centella sono legati alla sua azione diretta sui fibroblasti, che produce un generale miglioramento della struttura del tessuto connettivo e ne riduce la sclerosi. [Sangiorgi]

Secondo l’uso tradizionale ed EBM (Evidence Based Medicine), la Centella è indicata, per uso interno, in caso di insufficienza venosa, cellulite, ulcere varicose, perdita di memoria, nevrosi su base ansiosa, deficit cognitivi, stress, allergie, astenia, convalescenze, reumatismi, sclerodermia, dermatiti e, per uso esterno, per ferite, piaghe, ustioni e cheloidi. [Sangiorgi]

Zea mays L. – barbe
Le barbe del mais sono un vecchio rimedio degli Indiani d’America per trattare le infezioni della vescica [Wood2].

Componenti caratterizzanti: sali di potassio, polifenoli (tannini), flavonoidi, lipidi, gomme, resine, glucosio, maltosio, mannitolo, steroli, allantoina, silicati, carbonati, piccole quantità di alcaloidi, olio essenziale (con preponderanza di carvacrolo e altri terpeni), saponine, mucillagini. [Burdock, Driope]

Con il nome di barbe del mais si indicano gli stili e stigmi del mais (chiamati spesso, in maniera imprecisa, solo “stigmi”) raccolti durante la fase di maturazione lattea della pannocchia (giungo-luglio) [Burdock, Driope]. Esse esercitano un’azione generale demulcente, sedativa e diuretica e, inoltre, sono capaci di disinfiammare e sanare la mucosa del tratto urinario. L’azione diuretica è energica ma non dà mai luogo a inconvenienti, anche se protratta a lungo. [Driope, Wood2]

Le barbe del mais sono attive sulla funzione renale quando questa mostra variazioni qualitative e quantitative a carico delle urine, in particolare in concomitanza di stati infiammatori e irritativi. Zea mays possiede, infatti, una valenza tensiolitico-anodina che lo rende capace di attenuare gli spasmi che accompagnano gli stati dolorosi a livello renale, ureterale o della vescica urinaria; a questa attività si accompagna anche una funzione urogenetica che aumenta la portata urinaria e il ritmo della minzione. Presenta inoltre una certa capacità detossicante delle scorie azotate. Può essere usata con indubbio beneficio, per riequilibrare il ph dell’ambiente renale e ridurre la flogosi congestizia. Zea mays, perciò, svolge un’azione completa in tutti i casi di sofferenza renale a carattere dolorifico accompagnato a difficoltà della minzione. [Iozzi, Iozzi2]

Preparazioni di mais sono pertanto impiegate nelle infiammazioni acute e croniche della vescica, in caso di minzione dolorosa, nella cistite catarrale, nelle litiasi renali e vescicali, nella renella, nella gotta, ma anche nelle malattie febbrili acute e come coadiuvante nelle cure dimagranti [Driope, Wood2]. È anche indicato in caso di irritazione della mucosa del colon e per rafforzare il tono dei muscoli uterini [Wood2] e può essere utilizzato, in decozione concentrata per via rettale in caso di tenesmo, flogosi intestinale, emorroidi, annessite, comunque ove occorra decongestionare e sfiammare gli organi addominali [Iozzi, Iozzi2]. Le barbe del mais possono essere usate, in caso di cellulite, come coadiuvanti per favorire l’eliminazione per via renale dei cataboliti tossici (principalmente di origine proteica) eventualmente accumulati dall’organismo e per favorire l’eliminazione dei liquidi in eccesso trattenuti nei tessuti.

Vitis vinifera L. var. rubra – foglie
Pianta conosciutissima e coltivata in tutto il mondo è apprezzata sia in campo alimentare sia in campo erboristico. Della vite si possono usare, in terapia, tutte le parti, ma particolarmente interessante è l’attività della cosiddetta “vite rossa”, ossia delle foglie della vite raccolte a vendemmia terminata, quando hanno assunto il caratteristiche colore rosso.

Componenti caratterizzanti: flavonoidi polifenolici (tra cui quercetin-3-O-beta-D-glucuronide, isoquercitrina, antocianine, proantocianidine oligomeriche, catechina, monomeri e dimeri della epicatechina, acido gallico); stilbeni (trans-resveratrolo); acidi organici (principalmente malico, ossalico e tartarico); carotenoidi e vitamina C (contenuti nelle foglie in quantità maggiore che nelle bacche). [EMA]

Alle foglie di vite sono riconosciute proprietà astringenti e vasoregolatrici [Driope]. Le foglie delle varietà rosse sono particolarmente ricche in antociani e tannini del gruppo delle catechine. Il maggior contenuto in antociani si riscontra nelle foglie rosse specialmente in autunno, nel periodo tra la vendemmia e la caduta delle foglie. In tale periodo, nelle foglie si possono riscontrare anche catechina, gallocatechina e epicatechina gallato [EMA].
Tradizionalmente, gli estratti di vite rossa sono usati per trattare i problemi venosi delle gambe (principalmente l’insufficienza venosa cronica, caratterizzata da gambe gonfie, dolenti, con vene varicose, sensazione di pesantezza e stanchezza, prurito, tensioni e crampi dei polpacci specialmente notturni), per il trattamento sintomatico del bruciore e del prurito causato dalle emorroidi e per il trattamento sintomatico della fragilità capillare [EMA].
Studi in vitro, in vivo ed ex vivo hanno confermato che le foglie della vite rossa (in particolare grazie alle procianidine e ai flavonoidi in esso contenuti) hanno effetti protettivi sul sistema venoso, con attività anti-infiammatoria, anti-edematosa, vasorilassante e spasmolitica [EMA]. In presenza di deficit circolatori venosi, estratti di vite rosa hanno dimostrato la capacità di migliorare, a livello cutaneo, l’efficienza del microcircolo e del rifornimento di ossigeno [Kalus]. In caso di cellulite, le foglie di vite rossa aiutano a migliorare il microcircolo cutaneo e ad ottimizzare la permeabilità vasale, contribuendo a ridurre l’edema e a favorire l’ossigenazione tissutale. Le procianidine in esse contenute aiutano a stabilizzare il tessuto connettivo inibendo l’attività dell’elastasi.

Precauzioni d’uso e controindicazioni
Non usare il prodotto in caso di allergia ad uno o più componenti.
Non sono disponibili dati relativi all’uso durante la gravidanza o l’allattamento. Per tale motivo, si consiglia di evitare l’uso del prodotto durante la gravidanza e l’allattamento senza parere medico.

Interazioni
L’uso concomitante con farmaci sedativi può potenziarne l’effetto per la presenza di centella.

Combinazioni consigliate
Compresse: Garcinia, Rhodiola composta
Gemmoderivato: Betulla linfa

Tisana:

  • Calendula fiori 20%
  • Salsapariglia radice (oppure ononide radice) 20%
  • Achillea sommità (oppure Biancospino foglie e fiori) 20%
  • Rusco radice 15%
  • Malva foglie e fiori 15%
  • Zenzero radice fresca 10%

Preparazione: porre 25 grammi di tisana in 1l di acqua fredda e portare all’ebollizione in pentola coperta; far sobbollire per 2-3 minuti e lasciar raffreddare. Filtrare e bere durante la giornata, dividendo il liquido in almeno tre porzioni.

[1] Diuretico ad azione blanda che, assunto in tisana con una certa quantità di acqua, aiuta ad eliminare attraverso l’urina sia l’acqua assunta con la tisana sia parte dell’acqua trattenuta dall’organismo.

Mix. Centella, Gramigna, Tiglio

Centella asiatica
Detta “Erba delle Tigri”- in India – in relazione al fenomeno (più o meno documentabile) delle tigri ferite che si rotolano su un tappeto formato da esemplari di questa pianta, che avendo portamento strisciante, si presta molto bene.
Le sue proprietà accertate sono senz’ altro quella cicatrizzante e quella antiinfiammatoria ed antiinfettiva, adatte quindi al trattamento locale ed anche interno delle ferite.
Ma moderni studi ne ampliano le indicazioni in modo considerevole; in realtà l’azione antiinfiammatoria e cicatrizzante sono accessorie alla proprietà fondamentale della droga, quella vasotonica ed antiedemigena; anzi, gli effetti complessi e vari confluiscono tutti nel miglioramento delle sindromi varicose, da quelle più gravi, con gravi fatti infiammatori ed
ulcerativi associati, alle forme più lievi, come la cellulite, i capillari ed i piccoli edemi.

Gramigna
Importante pianta, largamente usata fin dall’antichità più remota, era classificata come Fredda e Secca in misura moderata.
Le sue azioni preminenti sono quella diuretica ed antiedemigena unita a quella “rinfrescante” sul fegato e sui reni; dato che i disturbi venosi sono spesso associati a problemi epatici ed a ristagno idrolinfatico, l’azione della droga può essere vantaggiosamente impiegata per ridurre molte delle cause che stanno dietro alla formazione delle patologie a carico della parete venosa.
Inoltre la Gramigna riduce la congestione pelvica, anche essa causa concomitante nella costituzione della catena causale che sfocia nel ristagno idrolinfatico e quindi venoso.
La decongestione del tessuto epatico, l’attivazione della diuresi e la riduzione delle tensioni pelviche sono rileva bili fin dalle prime assunzioni e creano un soggettivo stato di benessere generale, molto prima del miglioramento delle condizioni venose soggettive.

Tiglio
I fiori e le brattee della pianta sono utilizzate in questa composizione sia per la loro azione antispasmodica sulla muscolatura liscia della zona addominale (soprattutto del colon) che per quella a carico della viscosità sanguigna.
Come abbiamo già visto gli stati congestizi addominali favoriscono la stasi ldro-Iìnfo-venosa soprattutto a carico degli arti inferiori; inoltre l’aumentata viscosità sanguigna (legata a vari problemi, anche di carattere metabolico) favorisce lo sfiancamento della parete venosa.
Il Tiglio riduce la congestione pelvica e riduce la tensione addominale; inoltre fluidifica il sangue, rendendolo più scorrevole e riducendo così le sollecitazioni sulle pareti venose. Può avere, a dosi maggiori, una certa azione sudorifera che favorisce lo smaltimento delle scorie azotate attraverso l’emuntorio cutaneo. Secondo la visione antica “eleva il Calor naturale” .
L’azione rilassante generale contribuisce alla sensazione di benessere che la pianta per altri versi induce.
​La composizione, attraverso vari meccanismi, serve a migliorare la circolazione venosa e quella linfatica; le piante che ne fanno parte permettono la confluenza dei loro effetti nella soluzione del problema base, che è quello della stasi linfo-venosa associata a congestione pelvica.
L’azione sullo stato delle vene è lento ma progressivo, mentre la sensazione di benessere generale, di rilassamento, di riduzione della pesantezza agli arti inferiori e della tensione addominale si instaura molto rapidamente, fin dalle prime assunzioni del preparato.

Integratore alimentare a base di estratti idroalcolici di piante.

Ingredienti
Alcool, acqua, betulla (Betula pendula L.) foglie, ortosiphon (Orthosiphon aristatus (Blume) Miq.) foglie, pilosella (Pilosella officinarum Vaill.) parti aeree, equiseto (Equisetum arvense L.) fusti sterili.

Betula pubescens Ehrh. (syn.: B. alba L.) – foglie
Albero sacro al pari di Frassino e Quercia, la Betulla è considerata un “albero di luce”, simbolo cosmico della ciclicità della vita nonché emblema di rigenerazione e rinnovamento della vita. È tradizionalmente posta sotto il segno di Venere, in virtù della sua importante azione sui reni e sull’apparato urinario.

Componenti caratterizzanti: eterosidi triterpenici (betulina), flavonoidi e composti correlati (iperoside, quercitina, betuletolo, proantocianidine), triterpenoidi dammaranici e loro esteri, resine (betulalbina), tannini, salicilato di metile (come glicoside gaulterina), olio essenziale (principalmente a sesquiterpeni) [Driope, Rickling, Sangiorgi, Vladimirov].

Culpeper la pone sotto il segno di Venere in virtù della sua capacità di rompere i calcoli dei reni e della vescica, oltre che di sanare le ulcere della bocca. Analoghe proprietà le sono riconosciute dal Mattioli. Inoltre, si oppone alla putrefazione e tratta le macchie cutanee [Culpeper, Giannelli, Mattioli].
Tradizionalmente le è riconosciuta azione diuretica, diaforetica, antilitiasica, cicatrizzante e antiputrefattiva. È in grado di ridurre l’albuminuria e di calmare la dispnea. Ha anche un’azione antiinfiammatoria e analgesica [Sangiorgi].
La betulla ha un effetto diretto sull’epitelio renale senza però causarne l’irritazione; anzi le è riconosciuta un’azione protettiva su tale epitelio [Driope, ESCOP, Sangiorgi, Wood]. Oltre ad aumentare il volume di urina, la betulla incrementa l’escrezione di urea, acido urico e ioni cloruro [Driope]. Nello specifico, la betulla ha valenza di disinquinante emolinfatico con particolare azione sulle scorie azotate presenti nei tessuti e nei liquidi dell’organismo. È specialmente utile nel caso di accumulo di liquidi nel tessuto connettivo in genere e nel tes­suto adiposo, consentendone una rapida rimozione. [Iozzi, Iozzi2]
Ha anche proprietà antisettiche e antiinfiammatorie. [Driope]
Si impiega, quindi, come diuretico idrurico[1] in caso di: oliguria; cistiti, uretriti e pielonefriti; calcolosi renale e vescicale o renella; iperuricemia e gotta; problematiche reumatiche in particolare con oliguria e componente dolorosa molto forte. Inoltre è indicata, come coadiuvante, in caso di ritenzione idrica, artrosi e cellulite. In virtù del suo tropismo cutaneo, può essere adoperata come drenante e antisettico nelle dermatiti.

Orthosiphon aristatus (Blume) Miq. (syn.: Orthosiphon stamineusBenth) – foglie
L’Ortosiphon (o ortosifon o tè di giava) è una pianta appartenente alla famiglia delle Lamiaceae, originaria dell’Asia (nasce in Cina, India, Pakistan, Sri Lanka e nel Sud Est Asiatico, manche nel Queensland), nota principalmente per la sua azione diuretica.

Componenti caratterizzanti: sali minerali (potassio 3%), diterpeni (ortosifoli A-E 0,2%), triterpeni, cromeni, olio essenziale (0,02-0,06%) (principalmente a sesquiterpeni), flavoni lipofili tra cui sinensetina (0,1-0,19%), isosinensetina ed eupatorina, glicosidi flavonolici; acido rosmarinico (0,1-0,5%) ed altri depsidi dell’acido caffeico tra cui gli acidi mono- e di-caffeiltartatrico e l’acido litospermico, fitosteroli tra cui beta-sitosterolo.
Di Orthosiphon si impiegano le foglie (o sommità), dal particolare sapore salato, amaro e astringente e dal debole odore aromatico, raccolte prima della fioritura [Driope].
La droga Orthosiphonis folium è stata tradizionalmente usata per il trattamento dell’ipertensione ed il diabete, per i problemi di vescica e reni, per la gotta ed i reumatismi. In Europa, dove l’interesse per questa pianta è nato verso la fine del XIX secolo, la pianta è usata in particolare per incrementare la diuresi in caso di disturbi dell’apparato urinario, specialmente dovuti a infiammazione, infezioni o renella. Vista l’azione diuretica, può essere impiegato anche in caso di edemi e come coadiuvante nell’obesità e nell’ipertensione arteriosa [Driope , EMA]. Possiede anche un’attività colagoga con un blando incremento della funzionalità epatica e biliare [Driope].
La foglia di Orthosiphon aumenta l’escrezione urinaria di acqua, elettroliti (principalmente cloruri, ma anche sodio e secondariamente potassio) e, secondo alcuni autori, anche di acido urico ed urea. [Arafat, Driope , EMA]
Non sono noti effetti collaterali, controindicazioni e interazioni con altre droghe o farmaci [Driope].

Pilosella officinarum Vaill. (syn.: Hieracium pilosella L.) – parti aeree

La pilosella è una pianta erbacea commestibile della famiglia delle Asteraceae che cresce spontaneamente in tutta Italia, escluse le isole.

Componenti caratterizzanti: cumarine (umbelliferone, principalmente come 7-glucoside, skimmina), flavonoidi (luteolina, luteolina-7-glucoside, apigenina-7-O-glucoside, isoetina 4’-O-β-D-glucopiranoside), tannini, triterpenoidi (alfa- e beta-amirina, taraxerolo, taraxasterolo e fern-7-en-3-beta-olo), acidi organici (caffeico, clorogenico, ascorbico), mucillagini, inulina [Driope , EMA2].

Della pilosella si impiegano le parti aeree che si raccolgono in estate (maggio-settembre o giugno-luglio, a seconda degli autori) e si impiegano fresche per la preparazione della tintura oppure si seccano in ambiente arieggiato, si stagionano per 3-4 giorni e s’imballano in sacchi [Driope, Rossi].
Alla droga, usata tradizionalmente per promuovere le funzioni urinaria e digestiva, sono riconosciute le proprietà: diuretica (declorurante e azoturica) e di conseguenza aperiente e depurativa, antimicrobica (soprattutto verso germi del genere Brucella), diaforetica, astringente, antiemorragica, colagoga, coleretica, disintossicante epatica, spasmolitica, espettorante, anticatarrale, scialagoga, vulneraria (per uso topico) [Driope, EMA2]. Secondo Leclerc e altri studiosi, solo la pianta fresca (o l’estratto fluido) ha azione antibiotica [Driope].

Preparazioni di pilosella favoriscono i processi riparativi della mucosa vescicale [Driope].
Pilosella pertanto è impiegata principalmente come diuretico declorurante e azoturico nel trattamento delle infezioni renali e vescicali, tra cui le cistiti, soprattutto ricorrenti; nella gotta e nelle forme reumatiche soprattutto associate ad oliguria; come coadiuvante, nell’aumento ponderale correlato a ritenzione idrica, nella cellulite, nell’urolitiasi, nell’obesità [Driope, Rossi].
È usata anche nei disturbi delle vie respiratorie come antisettico, spasmolitico, espettorante e febbrifugo; in caso di influenza, bronchite, asma bronchiale, pertosse, emottisi, edema, per alleviare la febbre di Malta o ondeggiante. È utile contro la brucellosi. Per uso topico, può essere usata in caso di ernie e fratture (come lozione o compresse). [EMA2, Rossi]
Non sono conosciuti effetti collaterali [Driope].

 

Equisetum arvense L. – fusti sterili

Gli equiseti sono piante filogeneticamente molto antiche: specie appartenenti all’ordine delle Equisetales erano diffuse già alla fine del Devoniano (395 – 345 milioni di anni fa). Dal punto di vista terapeutico, l’equiseto è conosciuto fin da tempi antichi, tanto da essere citata da Dioscoride e Galeno.

Componenti caratterizzanti: flavonoidi (kaempferol-3-O-β-D-glucoside, kaempferol-7-O-β-D-glucoside, kaempferol-7-O-β-D-diglucoside o equisetrina, kaempferol-3-O,7-O-β-D-diglucoside e quercetin-3-O-β-D-glucoside, luteolin-5-O-β-D-glucoside, apigenin-5-O-β-D-glucoside, 6-cloroapigenina), steroli (colesterolo, isofucosterolo), triterpenoidi (equisetonina, non accertata), minerali (5-8% acido silicico e silicati di cui il 10% solubile in acqua, 1,5% cloruro di alluminio, cloruro di potassio, selenio, fosforo, calcio, magnesio e manganese), acido ferulico, acido caffeico, dimetilsulfone, alcaloidi (tracce di nicotina, 3-metossipiridina, possibili, ma non accertate, tracce di palustrina), tiaminasi. Esistono due chemotipi: uno asiatico e nord-americano che contiene luteolin-5-glucoside e l’altro europeo che non contiene tale molecola. [EMA3, Rossi]
Nella pianta fresca e in quella secca è stata rilevata un’importante concentrazione di tiaminasi. L’enzima è termolabile e si inattiva completamente a 80°C; la temperature alla quale si ottiene il 50% di denaturazione è circa 70°C. Non è stata rilevata attività di tiaminasi negli estratti acquosi secchi e in quelli fluidi (al 30% di etanolo) industriali. [EMA3]
Secondo Pietro Andrea Mattioli (1501-1578), che riconosce quattro specie di equiseto dalle proprietà sovrapponibili, è una pianta astringente utile in caso di emorragie (epistassi, emottisi, ematemesi, ma anche mestruazioni eccessivamente abbondanti), di dissenteria (bevuta con il vino) e per stimolare la diuresi. La pianta fresca, tritata ed usata come impiastro, aiuta a sanare le ferite recenti; se bevuta con acqua, aiuta a sanare le “ferite delle budella, e della vescica, e parimente le rotture intestinali”. La radice e l’erba insieme giovano alla tosse cronica e all’asma. [Durante, Mattioli]

L’equiseto è una delle piante più ricche di silicio. Come in tutte le piante, il silicio è contenuto sotto forma di silicati solubili in acqua (orto- e meta-silicati monomerici), silicati polimerici insolubili e silicio “organicato”, ossia legato alle molecole organiche della pianta, quali le componenti vegetali strutturali (proteine, lignina, sostanze pectiche e cellulose), i lipidi (sotto forma di esteri dell’acido orto-silicico con steroli, colina e fosfolipidi, dove il silicio è parzialmente sostituito dal fosforo), nonché sotto forma di esteri dell’acido orto-silicico con carboidrati e o-difenoli (quali catechine e 3’,4’-diidrossiflavoni). Il silicio organicato è almeno in parte solubile in acqua e nelle soluzioni idroalcoliche, soprattutto se bollenti [Kolesnikov].
Le tinture idroalcoliche non contengono alte concentrazioni di silicati, ma, in compenso, contengono livelli elevati di principi attivi che aumentano la biodisponibilità dei minerali e che favoriscono le attività diuretiche ed attivanti il metabolismo e particolari funzioni del tessuto connettivo [Rossi].

La pianta (sotto forma di polvere o estratto idroalcolico al 25% di etanolo) è usata, per via orale, come diuretico, astringente, emostatico e remineralizzante nel trattamento di enuresi, disturbi prostatici (infiammazione o ipertrofia prostatica benigna), cistiti con ematuria, ipodiuresi associate a dismetabolie elettrolitiche, patologie del tessuto connettivo, stati infiammatori perirenali e vascolari, uretriti, incontinenza urinaria, enuresi dei bambini, edema post-traumatico e statico, nonché, come adiuvante, in caso di renella, infiammazione o infezione del tratto genito-urinario o dei bronchi, diete dimagranti. Specificamente sotto forma di polvere, è usata nelle carenze minerali (visto l’alto contenuto di potassio e silicio) e negli squilibri dell’incorporazione del calcio. Per via topica si usa come coadiuvante nel trattamento di ferite che non si rimarginano facilmente e in caso di epistassi. [EMA3, Rossi]
Tradizionalmente, è stata usata anche per il trattamento di disturbi ginecologici (sotto forma di “bagno”), nella gotta, in caso di tumescenze e fratture ossee e come adiuvante nel trattamento di tubercolosi, unghie fessurate e perdita di capelli. [EMA3, Rossi]
Non sono note reazioni avverse, controindicazioni o interazioni con farmaci [Driope].

Precauzioni d’uso e controindicazioni
Non usare il prodotto in caso di allergia ad uno o più componenti.
Non sono disponibili dati relativi all’uso durante la gravidanza o l’allattamento. Per tale motivo, si consiglia di evitare l’uso del prodotto durante la gravidanza e l’allattamento senza parere medico.

Combinazioni consigliate
Compresse: Equiseto
Gemmoderivato: Betula pubescens
Tisana depurativa:

  • Salsapariglia radice 30%
  • Gramigna rizomi 25%
  • Agrimonia sommità 20%
  • Ortica foglie (oppure Frassino foglie) 15%
  • Malva foglie e fiori 10%

Preparazione: porre 25 grammi di tisana in 1l di acqua fredda e portare all’ebollizione in pentola coperta; far sobbollire per 2-3 minuti e lasciar raffreddare. Filtrare e bere durante la giornata, dividendo il liquido in almeno tre porzioni.

Tisana per renella e calcoli delle vie urinarie:

  • Rusco radice 25%
  • Ononide radice 25%
  • Gramigna rizomi 20%
  • Mais barbe 15%
  • Cedracca parti aeree 15%

Preparazione: porre 25 grammi di tisana in 1l di acqua fredda e portare all’ebollizione in pentola coperta; far sobbollire per 2-3 minuti e lasciar raffreddare. Filtrare e bere durante la giornata, dividendo il liquido in almeno tre porzioni.

[1] Diuretico ad azione blanda che, assunto in tisana con una certa quantità di acqua, aiuta ad eliminare attraverso l’urina sia l’acqua assunta con la tisana sia parte dell’acqua trattenuta dall’organismo.

Echinacea
Rosa canina
Elicriso

Echinacea
Tradizionalmente l’Echinacea è stata utilizzata dalle tribù Plains come “un rimedio per più malattie di ogni altra pianta”. I Comanches usavano le radici per mal di denti e mal di gola, i Sioux per la rabbia, i morsi di serpente e condizioni di sepsi. Era anche utilizzata per trattare convulsioni, crampi di stomaco, adenopatie, eczema e ulcerazioni. L’Echinacea è l’immunostimolante più importante nella fitoterapia occidentale. Può essere usato per trattare infezioni di ogni tipo ed è particolarmente efficace in infezioni croniche come la sindrome di affaticamento post-virale, infezioni della pelle come furuncolosi e acne, e dovunque vi sia una tossicità di base dell’organismo. Recenti sviluppi in immunologia suggeriscono che sistema immunitario, sistema neuroendocrino e sistema nervoso siano strettamente collegati, e l’abilità dell’Echinacea di ‘scaldare’ e di migliorare la vitalità fanno da controparte alla sua azione sulla funzione immunitaria. L’Echinacea ha il suo punto di forza nei problemi di gola come tonsilliti, faringiti e laringiti, dove può essere utilizzata anche come colluttorio. La pianta intera ha mostrato di essere di aiuto in condizioni allergiche L’Echinacea aiuta a limitare i danni tessutali e l’edema causati da trauma o infiammazione prolungata. È particolarmente efficace agli inizi dell’infezione e durante i vari stadi, mentre non sembra particolarmente utile come preventivo per le infezioni.

Rosa canina
La rosa canina contiene una alta percentuale di acido ascorbico (0.2-2%), di flavonoidi, di pectine e di acidi della frutta. La vitamina C presente è resistente al calore e può quindi essere ottenuta anche in decotto.La rosa canina viene utilizzata per la prevenzione e la cura di raffreddore e influenza e per il trattamento di varie malattie infettive. Viene poi utilizzata come fonte di vitamina C per il trattamento della deficienza da ascorbato.

Elicriso
È stata usata nella medicina popolare come diuretico e per trattare problemi gastrici (dispepsia) ed epato-biliari (colecistite cronica). La pianta contiene composti con attività antibatterica. In particolare l’olio essenziale delle cime fiorite ha una attività antimicrobica in vitro. L’attività sembra correlata con la percentuale di alcoli (geraniolo, borneolo, eugenolo) presenti. La pianta in toto è moderatamente antispasmodica e coleretica. Alcuni flavonoidi come quercitrina, canferolo, naringenina e isohelicrisina aumentano le secrezioni biliari in modelli animali. La quercitrina ha anche funzione disintossicante epatica ed antiinfiammatoria.

Azione complessiva
Il complesso può agire come trattamento in tutti gli stati infettivi, in particolare raffreddore ed influenza, grazie alla sua concentrazione di vitamina C, alla sua azione immunostimolante non specifica e al leggero effetto colagogo che contribuisce all’azione drenante per le tossine e i metaboliti di scarto. Utilizzare alle prime avvisaglie dell’infezione, utilizzando prima dosi acute per poi passare ad un regime più blando.

Posologia
Infezioni acute, prime avvisaglie dell’infezione: 200 gocce per tre volte al giorno, lontano dai pasti in mezzo bicchiere d’acquaInfezioni croniche.
Stadi avanzati dell’infezione: 100 gocce per tre volte al giorno, lontano dai pasti in mezzo bicchiere d’acqua.

Durata della terapia: Può essere utilizzata a lungo termine. Smettere la terapia antiinfettiva solo dopo una settimana dalla scomparsa dei sintomi.

Controindicazioni e cautele
Dosi molto elevate possono dare diarrea (contenuto in pectina e vitamina C)

Combinazioni:
Infezioni croniche: Decotto di tarassaco, Galium aparine e frassino.

Liquirizia
Gelsemio
Ballotta
Drosera
Rosolaccio
Lichene
Grindelia

Liquirizia
La liquirizia è una pianta con una lunga storia ed è famosa sia in Occidente che in Oriente. Viene citata da Teofrasto (IX, 13, 2) come “utile contro l’asma o una tosse secca ed in generale per problemi di petto: amministrata con miele è utile nelle ferite: e possiede la proprietà di calmare la sete se la si tiene in bocca“. Citata anche da Dioscoride (III, 5) e Maimonides, che riporta il suo nome in arabo, Sus. Nella medicina cinese la liquirizia viene posta tra le piante toniche del Qi, ed è utilizzata nelle prescrizioni più di qualsiasi altra pianta, sia per la sua capacità di “penetrare e circolare il Qi in tutti i meridiani e gli organi” sia per la capacità di moderare l’azione delle altre piante. Se volessimo riassumere le tantissime indicazioni di questa pianta potremmo classificarle così:

1. Stati infiammatori e allergici, in particolare dell’apparato respiratorio e digerente.

2. Tonico per gli stati di ipofunzione renale e di stress adrenergico.

3. Disturbi mestruali e di menopausa.

4. Coadiuva l’azione di altri rimedi.

Mills sottolinea come l’efficacia della liquirizia nel trattare stati infiammatori derivi dalla sua capacità di migliorare la capacità di resistere a stressori di vario genere. È un classico rimedio saponinico “nello stesso gruppo del Panax ginsengEleuterococcus senticosus, e come questi si può dire che ristabilisca l’equilibrio delle funzioni sulle quali agisce. È probabilmente più nutritiva del ginseng e questa caratteristica, insieme alle proprietà idratanti e lenitive, la rende un ottimo rimedio per convalescenti.

Gelsemio
Il gelsemio è stato usato per il trattamento delle nevralgie, mal di testa, problemi gastrici, sensazione di pesantezza allo stomaco e pirosi. La ricerca ha confermato l’attività vasodilatatoria, ipotensiva e broncodilatatoria dell’estratto. La pianta contiene una buona percentuale di alcaloidi indolici, e quindi sono possibili effetti collaterali quali: pesantezza delle palpebre, inibizione dei movimenti oculari, diplopia (visione doppia), ipociclosi, secchezza delle fauci e vomito. Vista la concentrazione di elementi tossici anche l’intossicazione è una eventualità possibile. Avvelenamenti e decessi sono stati registrati in letteratura; l’ingestione di 0.5 gr di pianta secca hanno causato la morte di un bambino, e l’ingestione di 2-3 gr hanno causato decessi di adulti. I sintomi dell’avvelenamento includono mal di testa, capogiri, inabilità a parlare, diplopia, dilatazione della pupilla, secchezza delle fauci, tremori, paralisi, cianosi, dispnea (difficoltà a respirare), coma.

Ballotta
Internamente la ballota è usata come sedativo in casi di isteria e ipocondria, come antispasmodico per crampi gastrointestinali, per la pertosse e per aumentare il flusso di bile. È stato anche usato per nausea, vomito, stomaco in disordine. In Francia è un trattamento tradizionale, seppur sintomatico, per i disordini nervosi dei bambini, come insonnia leggera e tosse nervosa. Un estratto acquoso per via endovena ha causato una diminuzione in pressione arteriosa e bradicardia in cani. Lo stesso tipo di somministrazione ha causato un aumento del 300% delle secrezioni biliari in 30 minuti.

Drosera
La Drosera può essere utilizzata nel trattamento della bronchite e della pertosse. La presenza della plumbagina e la sua azione antibatterica spiegano l’efficacia della pianta. La stessa pianta è utile in caso di infezioni in altre parti del tratto respiratorio. La sua altra azione di nota, quella antispasmodica (rilassante della muscolatura involontaria), la rende utile nel trattamento dell’asma.Un’altra indicazione tipica è quella della ulcera peptica. Ellingwood la considerava uno specifico per “tossi secche e persistenti, o tossi canine, esplosive e senza secrezioni.”  Inoltre, insieme a Scudder, ne indica l’uso per bronchite cronica, tosse asmatica, pertosse e per la tosse che segue l’infezione di morbillo

Rosolaccio
Usato per disturbi e malattie del sistema respiratorio, per sonno disturbato, come sedativo e come analgesico leggero. Nella medicina popolare veniva e viene usato per la produzione di sciroppi per la tosse (per bambini), per ottenere infusi per l’insonnia e per il dolore. È ipotizzabile che il contenuto in alcaloidi isoquinolinici sia responsabile degli effetti sedativi e analgesici

Lichene
Rimedio principale per le infiammazioni della parete gastrica, come nelle gastriti, ulcere gastriche, ernia iatale ed esofagite da riflusso. In particolare risulta utile in casi di infezioni subcliniche a livello gastrico con ridotta secrezione gastrica, ma allo stesso tempo è utile nel ridurre gli effetti dell’eccesso di secrezione gastrica. Qualche effetto antibiotico viene attribuito a questa pianta e gli acidi lichenici sono i probabili costituenti responsabili. Gli stessi acidi organici sono responsabili del sapore amaro e degli effetti riflessi a livello gastrointestinale.I polisaccaridi mucillaginosi sono invece responsabili degli effetti più conosciuti del lichene islandico: gli effetti demulcente ed emolliente, espettorante riflesso, emetico e nutritivo

Grindelia
Pianta che è stata fino a poco tempo fa ufficiale nella farmacopea degli Stati Uniti ed ancora presente in quelle europee.In linea generale è un rimedio per ogni disordine ai bronchi con muco denso e vischioso e difficoltà di espettorazione e per l’asma bronchiale con tachicardia; questo perché associa l’azione espettorante ad una antispasmodica ad una leggermente sedativa e rilassante cardiaca (quest’ultima meno affidabile). Per le stesse ragioni la grindelia viene utilizzata in caso di tosse secca e irritante. In questi casi la pianta è utilizzabile in tintura ma si preferisce la forma dell’infuso. La sua utilità nel campo dei problemi respiratori ci fa spesso dimenticare che essa è anche un eccellente antisettico e analgesico urinario di tipo aromatico, per le infezioni della vescica e dell’uretra. In questo caso è utilizzata in forma di tintura. Il sapore amaro la rende infine utile come leggero tonico gastrico Ellingwood la considerava specifica per l’asma e consigliata per tosse bronchiale, aritmie associate a tosse cronica e rinite allergica

Azione complessiva
Viste le azioni delle droghe singole, il composto può esercitare una buona azione espettorante, mucolitica e antispasmodica sulle prime vie respiratorie e anche sedativa e antiinfiammatoria. Ha inoltre una azione demulcente e tonica amara sulle secrezioni gastrointestinali. Può quindi essere di ausilio nel trattamento delle condizioni asmatiche e nella bronchite secca, nella tosse spasmodica ed irritativa, associata a nervosismo, insonnia ed irrequietezza

Posologia
50 gocce per tre volte al giorno prima dei pasti in mezzo bicchiere d’acqua.

Durata della terapia
Non superare le 4 settimane di trattamento.

Controindicazioni e cautele
Controindicato in: Bambini sotto i 16 anni, Gravidanza, Allattamento. Problemi epatici, Ipotensione

Combinazioni
Infiammazione del tratto respiratorio Tisana di Verbasco e Malva, Asma Tinture di Ginkgo e Piantaggine, Bronchite Tisana di timo e marrubio.

Mix. Passiflora, Valeriana, Biancospino, MeIiloto

Passiflora
La parte utilizzata del “Fior di Passione” è costituita dalla parte aerea della pianta, meglio se fiorita. La forma molto suggestiva del fiore ricorda la passione di Gesù Cristo: in essa si scorgono i chiodi (gli stigmi), i martelli (gli stami con le antere) e la corona di spine (i veri petali del fiore) ; secondo la Dottrina della “Signatura” – codificata in modo definitivo soprattutto da G.B.
Della Porta tra il XVl ed il XVll secolo – essa sembra indicare che la sua azione si indirizza a lenire gli effetti delle “passioni” dell’animo, l’ansia, l’ira, le paure che giornalmente ci assediano in ogni circostanza. Droga ad azione ipnotica, miorilassante ed antispasmodica; essa esercita tale effetto grazie alla sua componente alcaloidea ed alla presenza (modesta) di glicosidi cianogenetici, che danno luogo alla produzione di piccolissime quantità di acido cianidrico.
L’azione deprimente sul SNC è pronta e duratura, ma non lascia sonnolenza residua al mattino. Aiuta sia l’induzione del sonno iniziale e inibisce il risveglio successivo. L’azione miorilassante favorisce il riposo e riduce le contratture involontarie che il riposo stesso turbano, soprattutto quelle a carico della zona cervicale.

Valeriana
Il forte odore muschiato della radice essicata ha da sempre limitato l’uso diretto di questa importante droga; in questo caso l’estratto idroalcolico ha solo un gradevole sentore etereo e conserva appieno l’attività della pianta.
La Valeriana è una delle droghe più impiegate ma sicuramente è una delle meno conosciute dal punto di vista tradizionale.
Oggi essa è impiegata soprattutto per la sua azione sedativa; nel mondo antico – chiamata “Phu” – era utilizzata come tonico generale, diuretica, attivatrive delle funzioni gastriche ed epatiche.
È un ottimo sedativo anche nel trattamento delle sindromi depressive, dato che essa calma senza deprimere. L’azione globale della droga è legata a vari gruppi di principi attivi (vedi scheda Compresse), ma quali siano in effetti le sostanze alle quali attribuire questa azione è controverso. Essa non è un semplice sedativo, ma anche droga diuretica e stomachica; indicata nelle coliche renali e nelle gastralgie e negli spasmi colici.

Biancospino
In questa composizione si sfrutta la sua azione euritmica sulla funzione cardiaca, cioè come presidio contro le varie forme di tachicardia e/o di extrasistole di natura nervosa.
Non è da sottovalutare però la sua azione sedativa generale e la sua importante azione sul sistema circolatorio, dato che migliora il tono della parete venosa e la pervietà del lume arterioso.
L’azione combinata dei flavonoidi e delle procianidine conferisce anche una blanda azione diuretica e decongestionante pelvica, contribuendo alla sensazione di benessere viscerale, che tanto giova al rilassamento generale.

Meliloto
Droga ricca di glicosidi cumarinici, conferisce ai preparati una azione rilassante e sedativa netta e piena senza raggiungere la vera azione ipnotica e depressiva. Nelle farmacopee del XVl e XVll secolo è classificata tra le droghe “carminative”, in quanto la sua azione potentemente spasmolitica si estende alla muscolatura liscia intestinale, eliminando la tensione addominale, il senso di gonfiore e di ripienezza, che spesso sono determinanti nelle sindromi ansiose, depressive e dell’insonnia. Il Meliloto inoltre possiede una ottima azione stomachica e diuretica.
Agisce come blando fluidificante sanguigno e antiaggregante piastrinico, che unitamente all’azione antispasmodica e sedativa, ne fanno uno dei presidi d’elezione nei trattamenti collaterali delle patologie cardiocircolatorie.
Il preparato nel suo complesso è indicato in tutte le forme di insonnia su base ansiosa e/o depressiva e negli stati di ipereccitabilità associati alle sindromi cardiocircolatorie. L’effetto è dolce e sicuro, garantisce – ad alte dosi – un sonno fisiologico con risveglio senza residui di sedazione o – a dosi
ridotte, durante la giornata – una ridotta eccitabilità e sensibilità agli stimoli ansiogeni.

Associazioni: Gemmoderivati – Tilia tomentosa, Ficus carica, Salix alba.
Soluzioni idr.alc. – Papaver roeas, Escoltia californica, Angelica arcangelica.

Mirra
Salvia
Pioppo
Altea
Ratania
Rosa
OE Salvia

Mirra
La mirra è astringente, antimicrobica e stimola la granulazione dei tessuti. Estratti di Commiphora abyssinica stimolano la fagocitosi in modelli animali infetti. Occasionalmente utilizzata internamente per problemi di stomaco, la Mirra è usata soprattutto come astringente ed antisettico locale per disordini delle mucose e della pelle. È un ottimo gargarismo e/o collutorio per infiammazioni, afte, infezioni del cavo orale. Internamente ha un uso, in associazione ad altri rimedi, per la stimolazione dell’immunità, come carminativo e come espettorante.

Salvia e Olio essenziale Salvia
La salvia è un buon astringente delle mucose, diminuisce sia l’infiammazione che l’eccesso di perdita di fluidi. Ha una azione antiidrotica (riduzione della sudorazione) sia assunta internamente che applicata esternamente. La pianta contiene una buona percentuale di olio essenziale che è antibatterico, antimicotico e virostatico, antiinfiammatorio e antispasmodico La pianta intera ha una leggera azione antimicrobica nelle urine, è carminativa e coleretica, ha un effetto mucolitico a livello respiratorio e antiipertensivo. Viene usata esternamente per le infiammazioni delle mucose del naso e della gola, stomatiti, laringiti e faringiti, ed internamente per dispepsia ed eccessiva sudorazione.

Pioppo
I germogli di P. candicans hanno mostrato di possedere significative azioni espettoranti, antibatteriche, antimicotiche e antiinfiammatorie. Le glicosidi fenoliche come la salicina possiedono gli effetti antipiretici e antiinfiammatori tipici dei salicilati. I costituenti volatili possiedono le tipiche attività antisettiche ed espettoranti. Le sue proprietà antisettiche ed analgesiche lo rendono un eccellente rimedio per i mal di gola, sotto forma di gargarismo o per os, specialmente per le tossi secche ed irritative – tracheite e laringite. È anche un buon espettorante e può essere usato per le tossi più produttive e per le bronchiti. In Francia e Germania viene utilizzato come rimedio locale per piccole ferite ed escoriazioni, pelle fessurata o pruriginosa, scottature solari, geloni ed emorroidi. Sempre come rimedio locale può essere utilizzato per dolori reumatici e mialgie. Si pensa riduca la produzione di latte.

Altea
L’abbondanza in mucillagini rende l’altea un ottimo demulcente interno ed emolliente esterno. Le radici sono state utilizzate soprattutto come rimedio per i disordini gastrointestinali, mentre le foglie, meno ricche in mucillagini, sono state utilizzate per polmoni e tratto urinario. Secondo i fitoterapeuti contemporanei, le condizioni che beneficiano di più dall’uso delle radici sono le infiammazioni del tratto gastrointestinale, dalle glossiti alle gastriti alle coliti, mentre le foglie possono essere utilmente usate per cistiti, uretriti e sabbia renale, come per bronchiti, catarro respiratorio e tosse irritata. L’infuso a freddo della radice della pianta riduce l’irritazione a livello locale, ed ha un effetto lenitivo ed antitossivo (inibisce l’attività mucociliare). Recentemente alcuni studi hanno indicato per l’Althea una azione a livello immunitario, con attività di stimolazione della fagocitosi, azione antiinfiammatoria ed anticomplementare ed immunostimolante. È verosimile che buona parte delle attività immunomodulanti sia da riferirsi ai polisaccaridi che compongono la mucillagine, e che vengono distrutti dal calore e non vengono estratti da solventi etanolici. È quindi probabile che estratti alcolici o infusi non possiedano le proprietà tipiche della radice dell’altea.

Ratania
La ratania contiene una alta percentuale di tannini (fino al 15%) e di flobafeni (pigmenti rossi derivati dall’ossidazione dei tannini). È una pianta con una attività molto semplice: è un ottimo astringente, e viene utilizzato per le infiammazioni del cavo oro-faringeo, oppure internamente come agente antidiarroico.

Rosa
La rosa è famosa per il suo olio essenziale, concentrato nei boccioli freschi allo 0.2%. Ma la componente più importante dal punto di vista terapeutico è quella tanninica, che arriva al 15%. La rosa è quindi fondamentalmente una droga astringente utilizzata per le infiammazioni del cavo orale e della faringe.

Azione complessiva
Vista l’azione delle singole piante, il complesso sembra in grado di esercitare una importante azione astringente, antiinfiammatoria e antisettica. Il campo di applicazione elettivo sono le infiammazioni e le infezioni delle mucose del cavo oronasale e faringeo (come colluttorio o gargarismo) come afte, glossiti, faringiti, tracheiti, infezioni orali e stomatiti; le infezioni cutanee o piccole ferite ed abrasioni; dolori muscolari e articolari. Internamente può essere usata a breve termine come espettorante.

Posologia
50-100 gocce diluite in mezzo bicchiere d’acqua per gargarismo e/o sciacqui.
Dolori reumatici/muscolari: 30-50 gocce applicate sulla zona affetta

Durata della terapia
Esternamente anche a lungo termine. Internamente per non più di 5-7 giorni.

Controindicazioni e cautele
Controindicata in gravidanza e allattamento. Controindicato in bambini sotto i 12 anni. Controindicato l’uso prolungato. L’alto contenuto in tannini e resine può causare irritazione gastrica e malassorbimento.

Combinazioni
Candida orale Tabebuia. Infezioni ed infiammazioni orali. Echinacea. Disordini dolorosi del cavo orale, peperoncino.

Integratore alimentare a base di estratti idroalcolici di piante.

 Ingredienti

Alcool, acqua, muira puama (Ptychopetalum olacoides Benth.) corteccia, legno e radici, cola (Cola nitida (Vent.) Schott & Endl.) noci, melissa (Melissa officinalis L.) foglie, damiana (Turnera diffusa Willd. ex Schult.) foglie, cannella (Cinnamomum verum J. S. Presl) corteccia.

Ptychopetalum olacoides Benth. –corteccia, corteccia delle radici, legno, radici

La muira puama è una pianta indigena in Amazzonia e in Brasile utilizzata nella tradizione erboristica come stimolante sessuale.

Componenti caratterizzanti: olio essenziale (alfa-pinene, alfa-umulene, beta-pinene, beta-cariofillene, canfene e canfora), terpeni (tra cui lupeolo), acidi grassi (gli acidi uncosanoico, tricosanoico e pentacosanoico rappresentano circa il 20% dei costituenti della muira puama.), steroli (β-sitosterolo), acido vanillico, acido protocatecuico, teobromina, alcaloidi (non completamente caratterizzati), diterpenoidi clerodanici, cumarine, lupeolo [Sigma Aldrich, SmartDrugs2].

Le radici della pianta vengono tradizionalmente aggiunte al vino o usate nella preparazione della “cachaça”, un’acquavite tipica del Brasile ottenuta dalla distillazione del succo di canna da zucchero.

I decotti della radice e della corteccia della muira puama sono utilizzati, nella medicina popolare, come tonici afrodisiaci, tonici del sistema nervoso centrale, come rimedi contro il tremore e come modulatori dell’appetito. Questo utilizzo è supportato da studi su modello animale che hanno dimostrato che estratti della pianta hanno attività antidepressiva, anti-stress e neuroprotettiva. Uno studio su animale conferma la potenzialità dell’estratto di Muira puama nel trattamento dell’Alzheimer. [SigmaAldrich , Siqueira, SmartDrugs2]

Alcuni studi hanno dimostrato che gli estratto di muira puama hanno attività acetilcolinesterasica ed effetti antinocicettivi, nootropici e testosterone-like [SigmaAldrich].

 Cola acuminata (P.Beauv.) Schott & Endl., Cola nitida (Vent.) Schott & Endl. – noci (semi)

Secondo la farmacopea Europea, le noci di cola sono i semi di due piante del genere ColaCola acuminata (P.Beauv.) Schott & Endl. e Cola nitida (Vent.) Schott & Endl., privati della testa (ossia del guscio esterno legnoso) [EMA].

Componenti caratterizzanti: alcaloidi purinici (principalmente caffeina, 1,5-3.2%, trace di teobromina, 0,02-0,08%, e teofillina; il contenuto di alcaloidi purinici nella C. nitida è maggiore che nella C. acuminata); composti fenolici (tannini, 5-10%, polifenoli tipo flavan-3-olo, tra cui principalmente catechina, epicatechina e dimeri proantocianidinici, acido clorogenico); ammine secondarie (dimetilammina, pirrolidina e piperidina) e primarie (metilammina, etilammina, isobutilammina e isopentilammina); tiamina e altre vitamine del gruppo B, betaine, acido ascorbico, β-carotene, proteine (8-12%) [EMA].

La caffeina forma un’associazione molecolare con i derivati della catechina e il rapporto tra caffeina libera e combinata varia a seconda che la droga sia fresca, secca o stabilizzata. Infatti, l’azione stimolante dei semi freschi è diversa da quella dei semi secchi [EMA].

In Africa, le noci di cola sono tradizionalmente usate come agenti masticatori per il loro effetto stimolante. I consumatori abituali di semi di cola riportano soppressione dei sensi di fame, sete e sonno [EMA].

In Trinidad e Tobago, la C. acuminata è usata per problemi non specificati relativi al parto e alla fertilità femminile, nonché per trattare il diabete e l’ipertensione [EMA].

I semi secchi sono usati nella medicina popolare africana come tonici, blandi antiemetici stimolanti, per calmare la fame e per la dissenteria. Si ritiene che la cola incrementi l’energia e la forza e combatta la sonnolenza. Queste proprietà possono essere attribuite al contenuto di alcaloidi purinici, polifenoli e zuccheri. [EMA]

In Uganda, i semi sono impiegati nel trattamento dell’impotenza sessuale e della disfunzione erettile, ma più in generale sono stati usati per secoli come rimedi per trattare le disfunzioni sessuali maschili, da soli o mescolati ad altre piante. [EMA]

I semi secchi sono utilizzati in tutto il mondo per l’estrazione della caffeina e per la preparazione di estratti acquosi (secchi o concentrati) che vengono impiegati come aromatizzanti delle bibite gassate, in particolar modo insieme agli estratti delle foglie di coca de-cocainizzate nelle bevande tipo ‘Cola’. [EMA]

In Europa, le noci secche sono state usate come forti stimolanti, oltre che per il trattamento di emicrania, nevralgie, diarrea, perdita di appetito e come antidepressivi e cardiotonici. [EMA]

Attualmente sono indicati per la preparazione di rimedi per il trattamento di stati depressivi (anche associati a generale debolezza muscolare), atonia, esaurimento, dissenteria, diarrea atonica, anoressia, emicrania.

 Melissa officinalis L. –foglie

La melissa è una pianta erbacea spontanea, perenne e rustica e molto ricercata dalle api, Infatti, il nome della pianta viene da μέλισσα (mélissa) che in greco significa proprio ape. Sulle sue foglie sono presenti numerose ghiandole oleifere che secernono un olio essenziale il cui profumo ricorda quello del limone.

Componenti caratterizzanti: olio essenziale (0,06-0,8%; contiene aldeidi monoterpeniche, principalmente citrale, nerale e citronellale; derivati sesquiterpenici tra cui β-cariofillene e germacrene-D, contenuti in ragione del 10% ciascuno nell’olio essenziale); glicosidi monoterpenici; flavonoidi, tra i quali glicosidi di luteolina, quercetina, apigenina e kaempferolo; fenilpropanoidi, tra cui derivati dell’acido idrossicinnamico (acidi caffeico, clorogenico e, in particolare, rosmarinico fino al 6%); tannini; triterpeni, inclusi acidi ursolico e oleanolico [EMA2].

La droga è costituita dalle foglie o, più raramente, dalle sommità fiorite. La melissa ha una lunga tradizione d’uso in Europa. Castore Durante scriveva della sua capacità di “purgare” il petto, confortare il cuore, scacciare la malinconia e giovare “à quelli che hanno il mal caduco”, facilitare la digestione, rasserenare la mente e favorire il sonno. [Durante]

È tradizionalmente impiegata nel trattamento sintomatico degli stati neurotonici degli adulti e dei bambini, in particolare quando si manifestano con turbe del sonno e disturbi gastrointestinali (colon irritabile, diarrea nervosa, ma anche dismenorrea e annessiti quando siano causate da “disturbi nervosi”) e tachicardia funzionale. Questa pianta, infatti, possiede un’azione tranquillizzante, antispasmodica e carminativa. [EMA2, Iozzi, Iozzi2]

Dati provenienti da studi su animali indicano che l’estratto acquoso di Melissa può inibire l’attività del TSH, ma la rilevanza clinica di questo dato non è nota. [EMA2]

Turnera diffusa Willd. ex Schult. (syn.: Turnera aphrodisiaca Ward) –foglie

La Turnera diffusa è un piccolo arbusto diffuso nelle regioni tropicali dell’America centrale e nelle regioni centro-africane. Comunemente conosciuta come “damiana” è utilizzata fin dall’antichità per le supposte proprietà afrodisiache e psicostimolanti. [SmartDrugs2]

Componenti caratterizzanti: la composizione chimica è complessa e non tutti i componenti sono stati identificati. Contiene olio essenziale (0,5-1%, composto principalmente da 1,8-cineolo o eucaliptolo, p-cimene, α-pinene, β-pinene), una sostanza amara (damianina), tannini, flavonoidi (gonzalitosina I, apigenina, acacetina), β-sitosterolo, glicosidi (arbutina e tetrafillina B) [SmartDrugs2].

La Turnera diffusa è stata utilizzata tradizionalmente per il trattamento delle “vertigini e perdita d’equilibrio”, dei problemi legati ai sistemi gastrointestinale, respiratorio e riproduttivo, per il trattamento della gonorrea e come afrodisiaco. I prodotti a base di Damiana, pubblicizzati come “potenti energizzanti” e “potenti afrodisiaci”, sono stati introdotti nel mercato americano per la prima volta nel 1874. La Turnera diffusaha raggiunto una certa notorietà nel trattamento di impotenza sessuale quando usata in combinazione con stricnina, fosforo o qualche altro presunto stimolante sessuale. [SmartDrugs, SmartDrugs2]

Quando la pianta viene fumata, vengono descritti degli effetti marijuana-simili ed euforia che durano fino a 90 minuti, mentre sono più duraturi se si consuma sotto forma di decotto. [SmartDrugs, SmartDrugs2]

Malgrado la Turnera diffusasia ampiamente usata nella medicina tradizionale, pochi sono gli studi scientifici che valutano le sue proprietà farmaco-tossicologiche. Studi condotti su modello animale, comunque, supportano l’uso della Turnera diffusacome afrodisiaco (potenziatore sessuale) e suggeriscono possibili proprietà terapeutiche della pianta sulla disfunzione erettile. [SmartDrugs, SmartDrugs2]

L’estratto acquoso dell’intera pianta della Turnera diffusaesercita un’importante attività ipoglicemizzante nei topi e nei conigli. [SmartDrugs]

L’acacetinasopprime l’angiogenesi in vitro, ex vivo e in vivo su modello animale ed è stato suggerito quale potenziale agente inibitore della crescita tumorale. [SmartDrugs, SmartDrugs2]

Attualmente, i prodotti a base di damiana sono utilizzati per il trattamento del calo della libido e come antistress. La Turnera è spesso associata ad altre piante quali il Ginkgo, il Ginseng e il Saw palmetto (Serenoa repens). [SmartDrugs, SmartDrugs2]

 Cinnamomum verum J. S. Presl (syn.: Cinnamomum zeylanicum Nees) – corteccia

Il genere Cinnamomum comprende oltre 300 specie, delle quali alcune sono note in tutto il mondo perché usate per la produzione di spezie o olii essenziali. In particolare, Cinnamomum camphora (L.) J. Presl è l’albero della canfora usato per l’estrazione della droga omonima; Cinnamomum verum J. Presl (syn.: Cinnamomum zeylanicum Blume) è usato per la produzione della cannella di Ceylon; Cinnamomum cassia (L.) J.Presl, per la cassia o cannella cinese; Cinnamomum loureiroi Nees, per la cannella vietnamita (o cannella di Saigon).

Componenti caratterizzanti: olio essenziale, che consiste primariamente di cinnamaldeide (60-75%), cinnamil acetato (1-5%) ed eugenolo (1-10%), β-cariofillene (1-4%), linaloolo (1-3%) e 1,8-cineolo (1-2%); procianidine oligomeriche, acido cinnamico, acidi fenolici, diterpeni pentaciclici (cinnzeylanolo e il suo derivato acetilato cinnzeylanina), zuccheri (mannitolo, L-arabino-D-xilanosio, L-arabinosio, D-xilosio, α-D-glucano) e mucillagini; cumarine. [EMA3]

La cannella di Ceylon è una spezia costituita dalla corteccia del Cinnamomum verum J. Presl, privata dello strato sugheroso esterno ed essiccata. Contiene non meno del 12% di olio essenziale e ha un odore aromatico caratteristico; il suo sapore è speziato e pungente, leggermente dolce e mucillaginoso. [EMA3]

La cannella è stata usata come spezia per migliaia di anni ed è una delle droghe vegetali che vantano la più lunga tradizione d’uso. In Egitto era usata nella preparazione dei liquidi per l’imbalsamazione. Nella medicina Ayurvedica, la cannella è usata come antiemetico, antidiarroico, carminativo e come stimolante generale. È menzionata nella Bibbia, nella letteratura Greco-Romana da autori come Teofrasto, Erodoto, Dioscoride e Plinio, tra gli altri. Dioscoride ha descritto 5 specie di cassia e 7 di cannella. [EMA3]

L’olio essenziale è stato usato come rimedio per la sensibilità nervosa; dosi maggiori erano usate per stimolare l’apparato cardiovascolare, i nervi, i muscoli e, in particolar modo, l’utero. Alte dosi però sono pericolose, in quanto possono indurre aborto, metaemoglobinemia e nefrite. [EMA3]

Tradizionalmente la cannella è stata usata principalmente come stomachico e antispasmodico, in caso di diarrea, dispepsia, perdita di appetito, iperacidità con reflusso, vomito e gonfiore addominale. È stata anche usata in caso di “debolezza nervosa”, raffreddore e influenza. [EMA3]

La cannella ha costituito uno dei primi rimedi per il trattamento di bronchiti croniche, impotenza, frigidità, dispnea, infiammazioni oculari, leucorrea, vaginiti, reumatismi, mal di denti e nevralgie, nonché per la cura delle ferite. [EMA3]

 Precauzioni d’uso e controindicazioni

Non usare il prodotto in caso di allergia ad uno o più componenti.

Gli estratti alcolici della radice di damiana hanno mostrato attività ossitocica, quindi si sconsiglial’uso del prodotto in gravidanza.

Non sono disponibili dati relativi all’uso durante l’allattamento. Per tale motivo, si consiglia di evitare l’uso del prodotto durante l’allattamento senza parere medico.

 Interazioni

A causa dell’effetto ipoglicemizzante della damiana, essa va usata con cautela nel caso di assunzione di farmaci ipoglicemizzanti [SmartDrugs].

 Combinazioni consigliate

Associazioni suggerite: Maca, Eleuterococco, Ginseng, Tribulus, Withania.

Gemmoderivato: Sequoia gigantea MG.

Integratore alimentare a base di estratti idroalcolici di piante.

Ingredienti

Alcool, acqua, vischio (Viscum album L.)rametti e foglie, olivo (Olea europaea L.) foglie, biancospino (Crataegus spp.) foglie e fiori, cardiaca (Leonurus cardiaca L.) parti aeree fiorite.

 Viscum album L. –rametti e foglie

Il vischio europeo appartiene alla famiglia delle Santalaceae ed è una pianta emiparassita che cresce su diversi tipi di albero. La specie di albero ospite, il tempo di raccolta e le modalità di trasformazione influiscono in maniera importante sull’azione complessiva della pianta e dei suoi estratti. Nell’industria farmaceutica, ad esempio, vengono distinti i preparati ottenuti da vischio cresciuto su melo, quercia, pino, abete, pioppo, olmo ecc. [EMA]. Non deve essere confuso con il vischio quercino (Loranthuseuropaeus Jacq.), altra pianta emiparassita appartenente alla famiglia delle Loranthaceae che cresce principalmente su querce, castagni e olivi.

Componenti caratterizzanti: lectine (ML I, ML II, ML III; sono glicoproteine capaci di legare specificamente il galattosio, la N-acetilgalattosammina e le superfici delle cellule), proteine e polipeptidi (di particolare importanza sono le viscotossine, composte di 46 aminoacidi), fenilpropani e lignani, acido caffeico e derivati, flavonoidi (specialmente derivati della quercetina), amine biogeniche (es., tiramina), polisaccaridi (particolarmente galatturonani e arabinogalattani), lipidi di membrana. [EMA]

Le bacche del vischio sono la parte della pianta più usata dal punto di vista tradizionale. Queste bacche, pestate, lavate e cotte, forniscono una massa viscosa, detta panìa, che veniva utilizzata in passato per catturare gli uccelli. Tale sostanza ha anche interessanti proprietà curative. Galeno ne ha descritto le virtù “traenti”, grazie alla sua natura “aerea, acquea e poco terrestre”, utile a “tirar fuori gli umori dal profondo” e Castore Durante riprende tale descrizione, affermando che la pania è utile a tirare “gli humori dal profondo, & non solamente i sottili, ma i grossi ancora, rarefacendoli, & digerendoli” [Durante, Sangiorgi].

Cionondimeno, tutta la pianta è dotata di importante attività terapeutica. Tonico nervino e antispasmodico tradizionalmente usato per l’epilessia e capace di calmare l’irritabilità del sistema nervoso, possiede anche proprietà diaforetiche e diuretiche. Ha anche un’azione importante sull’utero ed è particolarmente utile come regolatore del ciclo mestruale, nei casi di amenorrea e dismenorrea, e come ossitocico (rinforza o stimola le contrazioni uterine) [Wood].

Tutta la pianta è stata usata (e lo è tuttora) per trattare i problemi cardiovascolari. In particolare, è stato usato come tonico cardiaco per trattare l’ipertrofia con insufficienza valvolare, polso debole o piccolo, inabilità a distendersi, dispnea (che peggiora giacendo sul lato sinistro) e edema, ma anche irregolarità del ritmo cardiaco, palpitazioni durante il coito con sensazione di peso, di solletico o di oppressione (come se una mano strizzasse il cuore) a livello cardiaco. L’estratto acquoso preparato a freddo e iniettato ha mostrato effetti simil-digitalici. [EMA]

Il medico francese René Gaultier raccomandava fortemente l’uso dell’estratto acquoso di vischio per il trattamento dell’ipertensione con aterosclerosi e altre condizioni caratterizzate da eccessiva tensione arteriosa. Studi clinici successivi hanno confermato tali raccomandazioni. [EMA]

Anche i sintomi che accompagnano l’ipertensione (come mal di testa, stordimento e vertigini) rispondono bene al trattamento con il vischio. [EMA]

La dottrina antroposofica ha introdotto l’uso per il trattamento delle malattie oncologiche degli estratti acquosi, fermentati e n

Tossicità

Il vischio (in particolare le bacche) è popolarmente ritenuto una pianta tossica o addirittura velenosa. Sebbene esista una tossicità in vivo in caso di iniezione dei suoi estratti (gli effetti tossici sono maggiori in caso di iniezioni intravenose e intracardiache piuttosto che in caso di iniezioni intraperitoneali, sottocutanee o intramuscolari), il vischio può essere considerato non tossico in caso di ingestione orale. In letteratura sono riportati pochissimi casi di effetti collaterali quali nausea, vomito, diarrea, ipertensione seguiti da shock soprattutto a seguito di ingestione delle bacche. Non è nota una tossicità cronica. Pertanto, l’ingestione orale può essere considerata priva di effetti collaterali tossici anche nel caso di trattamenti a lungo termine. In caso di sedazione, bisogna diminuire la dose. [EMA]

 Olea europaea L. – foglie

L’olivo è un albero sempreverde nativo dell’Europa meridionale e dell’intera regione mediterranea, fino all’Iran e oltre il Caucaso, ma è oggi coltivato anche in Africa e nel continente americano.

Componenti caratterizzanti: monoterpeniiridoidi (tra cui l’oleuropeina, che costituisce il 5-9%, 6-O-oleuropeina saccarosio, ligstroside, oleoside), triterpeni (tra cui gli acido oleanolico e maslinico), flavonoidi (luteolina, kaempferolo, crisoeriolo e derivati dell’apigenina), calconi (olivina, olivina-4’-O-diglucoside, ecc.), acidi fenolici (cumarico, caffeico, ferulico, vanillico, ecc.), cumarine (esculetina, scopoletina, aesculina). [EMA2]

I principali costituenti delle foglie sono i secoiridoidi (oleuropeina, ligstroside, metiloleuropeina, oleoside), i flavonoidi (apigenina, kaempferolo, luteolina, crisoeriolo) e i composti fenolici (acido caffeico, tirosolo, idrossitirosolo). [EMA2]

L’oleuropeina 1, il principale costituente della famiglia dei secoiridoidi nell’olivo, è un fenolo complesso presente in grandi quantità nelle foglie e in piccole quantità nei frutti ed è il responsabile del sapore amaro e pungente dell’olio di oliva. Al procedere della maturazione delle olive, la quantità di oleuropeina decresce mentre aumentano le quantità di demetil-oleuropeina e oleosidemetilestere. Questi due composti sono indicatori della maturazione delle olive. Le foglie di olivo contengono circa 60-90 mg/g (peso secco) di oleuropeina. [EMA2]

Le foglie di olivo, dal caratteristico sapore amaro, vengono raccolte durante il corso dell’anno da alberi coltivati ed essiccate all’ombra. Usate nella medicina popolare della regione mediterranea principalmente come astringenti e per combattere la febbre ordinaria e le febbri malariche, attualmente sono comunemente impiegate (per lo più sotto forma di estratti acquosi o idroalcolici) come digestivi e blandi diuretici; per sostenere il sistema cardiovascolare, trattare l’ipertensione (soprattutto nei soggetti pletorici con tendenza al diabete e comunque a scompensi epato-pancreatici) e prevenire l’aterosclerosi, in virtù della loro capacità di ridurre il colesterolo LDL e la pressione arteriosa, di aumentare il flusso ematico grazie ad una azione rilassante sulle pareti delle arterie e di alleviare le aritmie; come ipoglicemizzanti nella cura del diabete; per trattare raffreddore e influenza, diarrea, le infezioni degli apparati respiratorio e urinario, le infezioni da virus (tra le quali il morbo di Epstein-Barr e gli herpes zoster e labiale) e quelle da lieviti, i reumatismi, la gastroenterite nei bambini e l’asma bronchiale. Hanno anche azione diuretica e antispasmodica sull’apparato intestinale. [EMA2, Rossi]

Esternamente le foglie e i loro estratti sono usati per trattare le emorroidi, come vulnerario, come emolliente per le unghie incarnite, per il trattamento di ulcere (cataplasmi con le foglie) e per le eruzioni cutanee (corteccia e foglie). [EMA2]

Studi farmacologici e clinici hanno confermato le numerose applicazioni tradizionali della droga e dei suoi effetti antiinfiammatorio, rilassante sulla muscolatura liscia, diuretico e antiipertensivo, antivirale, antiaggregante piastrinico, ipoglicemizzante, ipolipemizzante/ipocolesterolemizzante. [EMA2]

 Crataeguss pp. –foglie e fiori

Il genere Crataegus L. conta diverse centinaia di specie, tra arbusti e piccoli alberi, nativi delle regioni temperate dell’emisfero settentrionale. Nella tradizione erboristica italiana il biancospino è solitamente indicato con il nome scientificoCrataegusoxyacantha, ma tale nome è ambiguo ed è attualmente considerato sinonimo di altri taxa.

Nella farmacopea europea, sono considerate officinali le specie Crataegusmonogyna Jacq. (biancospino comune) e Crataeguslaevigata (Poir.) DC. (biancospino selvatico, syn.: CrataegusoxyacanthoidesThuill.; Crataegusoxyacanthaauct.), i loro ibridi e, più raramente, anche altre specie europee come CrataeguspentagynaWaldst. Et Kit. ex Willd. (biancospino nero a fiore piccolo, Europa Orientale e Sud-Orientale), CrataegusnigraWaldst. et Kit. (biancospino ungherese, presente in Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Albania e nei Paesi della ex Yugoslavia) e Crataegusazarolus L. (azzzeruolo). [EMA3]

Componenti caratterizzanti: flavonoidi (flavoni e flavonoli) principalmente in forma di glucosidi (es., vitexina, vitexina-2’’-ramnoside, isovitexina, iperoside, quercetina), composti flavanici (es., (+)-catechina, (-)-epicatechina, procianidine oligomeriche e polimeriche), acidi triterpenici (es., crataegolico, urolico, oleanico), ammine (es., fenetilammina, acetilcolina, etilammina), acidi organici (es., caffeico, clorogenico), derivati di purine.[EMA3]

Come medicina, il biancospino è menzionato già da Pedanio Dioscoride, medico militare vissuto durante il periodo di Nerone. Da allora, è stato usato nella medicina popolare come rimedio “cardiotonico”.

Diverse parti della pianta sono state usate a fini medicinali: fiori, foglie, frutti, succo fresco e corteccia. Le indicazioni tradizionali includono pressione alta, aterosclerosi, lieve insufficienza cardiaca, sensazione di oppressione nella regione cardiaca, palpitazioni della menopausa, disturbi nervosi come ansia, palpitazioni, irritabilità, esaurimento e insonnia. È stato anche usato come spasmolitico, come leggero sedativo e come tonico cardiaco in genere, per il cuore senescente e per regolare il bilanciamento tra la pressione arteriosa e la gittata cardiaca. Il trattamento deve durare almeno 6 mesi ed eventualmente può essere prolungato se le condizioni della persona lo richiedono. Il biancospino può essere impiegato anche per trattamenti a lungo termine, data la mancanza assoluta di tossicità, finanche nei pazienti con disfunzione renale, senza rischio di accumulo nell’organismo. Solo con dosi elevate di 100 gocce o più di tintura si sono osservate riduzione della frequenza del polso e una leggera sonnolenza. [EMA3, Rossi]

Secondo Iozzi ([Iozzi, Iozzi2]) il biancospino si dimostra utile in tutti i casi di stasi circolatoria, di iperviscosità del sangue e nell’eretismo vasale. Aumenta blandamente la diuresi in senso qualitativo (incrementa l’eliminazione delle tossine e non del volume dell’orina) ed è per questo indicato nelle patologie dell’età senile.

Nella Medicina Tradizionale Cinese, i frutti di biancospino (CrataeguspinnatifidaBunge o Crataeguspinnatifidavar. major N.E.Br.) sono usati per favorire la digestione degli alimenti, risultando particolarmente utili nei casi di “stasi di cibo” (indigestione) causata dall’assunzione eccessiva specialmente di cibi proteici e grassi e che si manifesta con distensione addominale o diarrea. [AmDragon]

Studi di farmacodinamica hanno mostrato un effetto sulla contrattilità cardiaca (effetto inotropo positivo e cronotropo negativo). Altri studi hanno mostrato, per il biancospino ed i suoi estratti, un’attività regolatrice della pressione arteriosa; un’attività antiaggregante piastrinica; la capacità di regolare la funzione endoteliale e di prevenirne la disfunzione associata all’invecchiamento; la capacità di ridurre i livelli ematici di colesterolo, trigliceridi e glucosio; l’efficacia nella prevenzione dell’aritmia indotta da ischemia e riperfusione e della insorgenza della ipertrofia cardiaca. [EMA3]

 Leonurus cardiaca L. – parti aeree fiorite

La cardiaca è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Lamiaceae. Importata dall’Asia verso il VII secolo, si è poi diffusa in quasi tutta l’Europa. In Italia è presente come pianta naturalizzata esclusivamente nelle regioni settentrionali, nelle Marche e in Abruzzo.

Pianta affine alla Leonurus cardiaca L. è la LeonurusquinquelobatusGilib. (ex Leonurus cardiacavar. villosus (Desf. ex d’Urv.) Nyman), originaria dell’Europa orientale e dell’Asia sudoccidentale ma segnalata in Italia (Valle d’Aosta, Toscana e Trentino-Alto Adige) dal 2013. La farmacopea europea ammette l’uso di entrambe le specie.

Componenti caratterizzanti: diterpeni furanici tipo labdano come leocardina e leosibiricina, di sapore amaro; stachidrina (0,35-1,5%); leonurina (4′-guanidino-n-butil-siringato), lavandulifolioside; iridoidi (ajugoside o leonuride; ajugolo, galiridoside, reptoside); acido ursolico, acido caffeico-4-O-rutinoside; flavonoidi derivati da quercetina, kaempferolo e apigenina; genkwanina; 5-9% di tannini; steroli (β-sitosterolo, stigmasterolo); piccole quantità di olio essenziale. [EMA4]

Il principale diterpene furanico tipo labdano è la leosibiricina che si trova principalmente nei fiori e nelle foglie giovani ma completamente sviluppate. La pianta fresca può contenere fino a 4 mg/g di diterpeni furanici tipo labdano. [EMA4]

L’uso consolidato della pianta in Europa è documentato almeno dal XVI secolo. Castore Durante la descrive come pianta molto amara, tanto “che facilmente si può giudicar calida nel secondo, & secca nel terzo grado”. Secondo tale autore, è utile nel batticuore, negli spasmi, in caso di paralisi e per l’epilessia. Risolve le “oppilazioni”, è emmenagoga e diuretica, facilita l’espulsione del muco spesso, ammazza i vermi e facilita grandemente il parto: “la secca fatta in poluere, & data à bere con vino, al peso d’vna dramma alle donne che non possono parturire, fà mirabile effetto”. [Durante]

La cardiaca è tradizionalmente indicata per i problemi cardiaci di origine funzionale e neurogenica, con ansia, palpitazioni, “tremori” cardiaci, dolori nella zona del cuore, aritmie, angina pectoris. È anche usata per supportare la funzione cardiovascolare, migliorare la circolazione del sangue a livello cardiaco e come ipotensiva. [EMA4, Rossi]

È attualmente usata anche come sedativa nei disturbi nervosi quali psicastenia, neurastenia con insonnia, stress, iperreattività, distonia vegetativa-vascolare e nei sintomi nervosi associati alla menopausa. È anche indicata come coadiuvante nell’iperfunzionalità tiroidea, specialmente in caso di disturbi cardiaci ed ipertensione ad essa associati; nell’amenorrea e nella dismenorrea, nella “debolezza uterina” e nella sindrome premestruale (come emmenagogo); nei disturbi della menopausa e della premenopausa (palpitazioni, vampate, crampi, neurastenia); nella paralisi degli arti; come antispasmodico. [Durante, EMA4, Mattioli, Rossi, Wood]

È indicata nella ritenzione delle secondine “per qualunque causa”. [Wood]

La cardiaca è anche diaforetica, abbassa la febbre, rinfresca, stimola blandamente il colon e i reni e rilassa l’utero. [Wood]

Storicamente è anche stata usata come vulnerario nel trattamento delle ferite, per facilitare l’espulsione del muco dai bronchi e per supportare la funzione gastrica. [EMA4]

 Precauzioni d’uso e controindicazioni

Non usare il prodotto in caso di allergia ad uno o più componenti.

A causa della azione ossitocica del vischio e dell’uso tradizionale della cardiaca come emmenagogo e stimolante uterino, si sconsiglia l’uso del prodotto in gravidanza.

Non sono disponibili dati relativi all’uso durante l’allattamento. Per tale motivo, si consiglia di evitare l’uso del prodotto durante l’allattamento senza parere medico.

 Combinazioni consigliate

Associazioni suggerite: Melissa, Rosa (nel caso di importante componente emozionale), Cardiaca (in caso di concomitante ipertiroidismo), Ortica (soprattutto in caso di ipofunzione renaleo adrenale).

Gemmoderivato: Crataegusoxyacantha MG, Olea europaea MG; in caso di ipercolesterolemia e/o ipertrigliceridemia: Prunusamygdalus MG

Integratore alimentare a base di estratti idroalcolici di piante.

 Ingredienti

Alcool, acqua, camomilla (Matricaria chamomilla L.)capolini, fico (Ficus carica L.) gemme, achillea (Achillea millefolium L.) sommità fiorite.

 Matricaria chamomillaL. – capolini

La camomilla è una pianta della famiglia delle Asteracee diffusa in tutta Italia. Compare già nel papiro di Ebers e negli erbari dell’antica Mesopotamia, dove trova un posto importante quale pianta del sole con azione sulle febbri.

Componenti caratterizzanti: olio essenziale (0,3-1,9%), flavonoidi (1-6%, tra cui glicosidi di apigenina, isoramnetina, quercetina, patuletina, jaceidina, spinacetina, chrysosplenetina; l’apigenin-7-glucoside costituisce circa lo 0,5%), lattoni sesquiterpenici (come la matricina, 0,03-0,2%), cumarine (0,01%-0,08%: ad esempio erniarina ed umbelliferone), spiroeteri (cis- e trans en-in-dicicloeteri), acidi fenolici; amine; polisaccaridi, mucillagini.

I principali costituenti dell’olio essenziale sono:

  • sesquiterpeni: azuleni (2-18%), specialmente chamazulene, (-)-alfa-bisabololo (fino al 50%), bisabolol-ossidi A e B, trans-β-farnesene (up to 45%)
  • spiroeteri (20-30%) (cis- e trans-en-in-dicicloeteri)

Molecole note come proazuleni (matricina e matricarina) sono almeno parzialmente convertiti in azuleni (tra cui il camazulene) durante la distillazione in corrente di vapore. [EMA, Rossi]

Gli infusi preparati con i fiori di camomilla contengono principalmente flavonoidi e loro glucosidi, mucillagini e solo piccole quantità di olio essenziale. Le cumarine erniarina e umbelliferone sono solubili in acqua bollente. Anche la matricina è estratta in concentrazioni rilevanti. [EMA]

La camomilla è nota fin dall’antichità per le sue numerose azioni terapeutiche. Il suo profumo intenso la rese utile, come tutte le spezie e le erbe aromatiche, quale antiputrefattivo e disinfettante. Nelle medicine antiche del Medio Oriente veniva impiegata anche come calmante e per facilitare il sonno. [Sangiorgi]

Ippocrate la usava per favorire il parto, mentre secondo Galeno era rimedio utile per mitigare i dolori, risolvere le costipazioni e le febbri “causate dai grossi umori cholerici”. Anche Dioscoride la indicava nei dolori e quale calmante [Sangiorgi].

Secondo Pietro Andrea Mattioli, la camomilla (da lui chiamata “antemide” o “camamilla”) è calda e secca, e, bevuta o “sedendovisi dentro”, provoca i mestrui, favorisce il parto, stimola la diuresi ed elimina i calcoli dell’apparato urinario. Bevuta, risolve le “ventosità”, giova al “trabocco di fiele” e ai difetti del fegato [Mattioli, Sangiorgi].

Castore Durante la indica nelle “lassitudini” e nei dolori di vescica, rene, utero e intestino. Aggiunge un’azione sulle ulcere del polmone e afferma che i fiori bevuti con aceto sono di aiuto nel mal caduco [Durante, Sangiorgi].

Nella medicina popolare è usata per le problematiche mestruali, i dolori nevralgici, gli spasmi e i pruriti [Sangiorgi]. L’impiego come calmante e leggero ipnotico è stato rivalutato in tempi recenti dopo un periodo di sottovalutazione. Oleoliti e infusi sono stati impiegati sia come antinfiammatori per uso topico che in cosmesi tricologica [Rossi]. I fomenti a base di camomilla e Brassicacee (che contengono composti solforati) sono stati impiegati nel trattamento di patologie infiammatorie delle vie respiratorie quali, ad esempio, riniti, bronchiti, sinusiti [Rossi].

La ricerca farmacologica ha sperimentalmente determinato alcuni effetti di alcune molecole contenute nella camomilla, confermando così l’efficacia del fitocomplesso in toto. L’alfa-bisabololo, alcuni componenti dell’olio essenziale e l’apigenina hanno dimostrato di possedere azione spasmolitica. I flavonoidi hanno mostrato un’azione antinfiammatoria di potenza simile a bassi dosi di indometacina [Sangiorgi].

Il camazulene, molecola derivante dai processi di riscaldamento della droga durante l’infusione o la distillazione dell’olio essenziale, ha proprietà analgesiche, vulnerarie, antispasmodiche, antimicrobiche e antinfiammatorie. L’alfa-bisabololo svolge attività di inibizione della pepsina, antimicrobica e antinfiammatoria, dovuta all’inibizione dell’enzima 5-lipossigenasi [Sangiorgi].

L’olio essenziale, comparato al placebo, si è rivelato in grado di inibire nei topi lo sviluppo dell’ulcere gastrica da indometacina, stress o alcol [Sangiorgi].

La matricina possiede attività antinfiammatorie più forti di quelle del camazulene [Sangiorgi].

Il tè di Camomilla ha dimostrato un marcato effetto ipnotico. Nel topo, la somministrazione intraperitoneale di un infuso liofilizzato di Camomilla ha diminuito la motilità di base, le attività motorie ed esplorative e potenziato il sonno indotto da exobarbitale. Questi risultati mettono in evidenza come nel topo Camomilla deprima il sistema nervoso centrale [Sangiorgi].

La camomilla è, dunque, indicata come antinfiammatorio e spasmolitico del tratto gastrointestinale, in caso di spasmi gastrointestinali, gonfiore addominale e flatulenza, dispepsia, infiammazioni gastrointestinali; come antinfiammatorio dell’apparato respiratorio superiore (suffumigi), anche in caso di raffreddore comune; come leggero sedativo, anche in caso di agitazione da stress. Inoltre, può essere utile in caso di dismenorrea, cefalea e nei dismicrobismi intestinali [EMA, Rossi, Sangiorgi].

Per uso esterno può essere usata in caso di dermatosi, eczemi (umidi, secchi, con prurito), infiammazioni oculari, vaginiti, affezioni del cavo orale, infiammazione e irritazione della pelle e delle mucose (specialmente bocca, gengive, ano e area genitale), foruncolosi, mucositi provocate da radiazioni alla testa e al collo e da chemioterapia sistemica, coliti e colite ulcerosa (enteroclismi). È indicata anche nei disturbi della dentizione dei lattanti e come coadiuvante nel trattamento di piccole ferite, scottature solari (o dovute all’esposizione a raggi UV), ulcerazioni dei vasi sanguigni e piaghe da decubito, infiammazione dei capezzoli durante l’allattamento [EMA, Rossi, Sangiorgi].

 Ficus carica L.– gemme

L’albero del fico è ben conosciuto per i suoi frutti eduli e saporiti. Pol Henry, padre della gemmoterapia, ha il merito di aver introdotto l’uso degli estratti dei tessuti meristematici (gemme e radichette) di questa pianta.

Le gemme di Ficus carica possiedono un tropismo importante per le mucose di stomaco e duodeno ed inoltre agiscono sul sistema neurovegetativo e nelle turbe ad esso correlate. Il gemmoderivato regola le disfunzioni della motilità e la secrezione gastroduodenale in modo ambivalente (agisce sia nelle forme “iper” che “ipo”): riduce la pirosi e la dispepsia nelle gastriti e nelle ulcere gastroduodenali, ma è altrettanto utile in pazienti con ipotrofia della mucosa e achilia gastrica. Le gemme aumentano le albumine plasmatiche, stimolano la granulopoiesi e innalzano i valori dell’ematocrito [Piterà].

Secondo Max Tétau, le gemme di Ficus carica hanno un’azione normalizzatrice su tutto l’asse cortico-ipotalamico e sulla formazione reticolare, per cui sono indicate in tutti i disturbi funzionali nei quali è rilevabile una componente “nevrotica” (disturbi somatoformi o psicosomatici, es. spasmofilia) e nei disturbi di natura depressiva [Tétau].

Le principali indicazioni di questo gemmoderivato sono le neurodistonie e le turbe neurovegetative gastriche e duodeno-coliche. In particolare, è indicato nelle forme ansiose con manifestazioni psicosomatiche principalmente a carico dell’apparato digerente, del quale regolarizza motilità e secrezione.

Trova le sue indicazione principali, quindi, nei casi di disfagia, dispepsia, gastrite, intolleranze, pirosi gastrica, ulcere gastroduodenali, meteorismo, gonfiore addominale, sindrome del colon irritabile, reflusso gastrico (dell’adulto e del bambino), aritmie cardiache di “origine” gastrica (es. postprandiali), alterazioni del senso della fame, bulimia, ma anche nevralgie, forme depressive e taluni disturbi d’ansia.

Ficus carica è risultato efficace anche in taluni casi di ulcere gastriche poco sensibili ai trattamenti e/o recidivanti. Dopo trattamenti prolungati (anche di due anni) si è constata la scomparsa radiologica dell’ulcera nel 60% dei casi trattati solo con Ficus carica e nell’80% dei casi trattati con Ficus carica in associazione ad altri gemmoderivati. Favorisce la cicatrizzazione della mucosa gastrica e duodenale in caso di gastrite erosiva e ulcera gastro-duodenale.

Achillea millefoliumL.-sommità fiorite

Achillea è un genere di piante appartenenti alla famiglia delle Asteraceae. Il nome rimanda alla figura di Achille che, secondo la leggenda, fu istruito sulle proprietà vulnerarie di questa pianta dal centauro Chirone, suo maestro nell’arte di curare.

Con il nome di Achillea millefolium L. s.l. ci si riferisce ad un aggregato di specie, polimorfico dal punto di vista citogenetico, morfologico e chimico e che, in Italia, comprende le specie: A. setaceaWaldst. et Kit., A. seidlii J. Presl et C. Presl, A. roseoalbaEhrend., A. collina (Wirtg) Heimerl, A. millefolium L. s.s., A. pratensisSaukel et R. Länger, A. strictaGremli, A. distansWilld., tutte conosciute con il nome popolare di millefoglio. Le piante di questo complesso sono tutte molto simili tra di loro, ma distinte dal punto di vista cromosomico (oltre che morfologico). Le specie di questo gruppo vengono usate come piante medicinali sin dall’antichità, soprattutto in virtù delle loro proprietà emostatiche, vulnerarie ed emmenagoghe. [Pignatti]

Componenti caratterizzanti: tannini condensati ed idrolizzabili (3-4%); olii essenziali (0,3-1,4%), contenenti principalmente linaloolo, borneolo, canfora, β-cariofillene, 1,8-cineolo e lattoni sesquiterpenici composti da guaianolidi (principalmente il proazuleneachillicina, achillina, leucodina) e germacranolidi (diidropartenolide, achillifolina, millefina); flavonoidi (apigenina, luteolina, isoramnetina, rutina); acidi fenolici (caffeico, salicilico); vitamine (acido ascorbico e acido folico); alcaloidi e basi (achiceina, achilleina, betaina, colina); alcani (tricosano); poliacetileni; saponine; steroli (β-sitosterolo); zuccheri (destrosio, glucosio, mannitolo, saccarosio); cumarine [EMA2].

Secondo la letteratura, gli effetti terapeutici sono principalmente dovuti all’olio essenziale, ai proazuleni e agli altri lattoni sesquiterpenici, ai composti fenolici come gli acidi dicaffeoilquinici e ai flavonoidi. Tali composti, però, si ritrovano in quantità anche molto differenti all’interno del materiale vegetale. Gli studi sulle differenze di composizione hanno contribuito  alla determinazione chemotassonomica dei taxa europei del gruppo di A. millefolium. Le specie investigate hanno mostrato differenze importanti nella composizione quali-quantitativa delle piante, soprattutto rispetto agli acidi fenolici, ai flavonoidi e ai sesquiterpeni dell’olio essenziale. [EMA2]

Uno studio (v. [EMA2]) su 40 campioni commerciali ha evidenziato una grande eterogeneità del materiale e il non soddisfacimento degli standard della Farmacopea Europea da parte del 50% dei campioni.

L’achillea è ben nota per la sua capacità di arrestare le emorragie. Già Plinio ne esaltava la capacità di curare le ferite e sia Dioscoride che Galeno la utilizzavano per “ristagnare, oltre ai flussi, la dissenteria”. I romani la chiamavano herbamilitaris per la sua azione sulle ferite. [Sangiorgi]

Ildegarda di Bingen la descriveva come una pianta di natura calda e secca, ottima per cicatrizzare le ferite sia esterne che interne, indicata per le epistassi e per i dolori mestruali [Sangiorgi].

In realtà l’attività dell’achillea è ben più complessa, essendo stata usata tradizionalmente come droga aromatica, astringente, coleretica, diaforetica, digestiva, emmenagoga, emostatica, abortiva, diuretica; per trattare problemi legati alle mestruazioni (es., crampi o PMS), emorroidi sanguinolente, vene varicose, ipertensione, calcolosi, problemi epatici, pertosse, tubercolosi polmonare, ematomi, problemi gastrointestinali (quali infiammazione delle mucose di stomaco e intestino, ulcere gastroduodenali, catarro del colon, vomito, diarrea, flatulenza, distensione epigastrica, perdita di appetito, digestione lenta, disturbi spastici del tratto gastrointestinale, es., colite spastica); per la stimolazione della secrezione biliare [EMA2, Sangiorgi].

Molto efficace negli stati infiammatori accompagnati e sostenuti dalla “pletora congestizia”, l’achillea è dotata di spiccate proprietà rinfrescanti, apportando quindi tutto il suo potenziale anti-infiammatorio e tonico sui distretti interessati da un particolare disagio della dinamica circolatoria e del tono funzionale. [Iozzi, Iozzi2]

Per uso  topico è stata usata per le infiammazioni della pelle e delle mucose (anche del cavo orale), per facilitare la guarigione delle ferite e delle ulcere, come rimedio calmante e antipruriginoso nei problemi dermatologici, come trattamento protettivo per lesioni, escoriazioni e screpolature, contro i pizzichi d’insetto, come emostatico (ad esempio, in caso di emorroidi sanguinolente). [EMA2]

La ricerca ha sostanzialmente confermato buona parte delle indicazioni tradizionali, evidenziandone le azioni antiinfiammatoria (estratti acquosi dei fiori), antiemorragica (achilleina, i.v.), antifebbrile (estratto acquoso caldo delle parti aeree), antibatterica e antifungina (OE, estratti etanolico e metanolico), anticonvulsivante, antiepatotossica (estratti acquosi, in cloroformio e metanolo delle parti aeree, i.p.), antispasmodica (estratti acquosi o metanolici, ex vivo), antivirale (estratto metanolico di parti aeree su HIV-1). Inoltre, la ricerca clinica ha messo in evidenza l’attività epatoprotettiva e coleretica della pianta, la sua capacità di stimolare la regressione dei fenomeni infiammatori in gastropatia (azulene) e di stimolare la secrezione gastrica (estratto etanolico) in volontari sani. [Sangiorgi]

L’achillea dunque è indicata dove occorra riattivare la circolazione del sangue, per ridurre gli stati infiammatori epatici e renali, in caso di emorroidi, amenorrea, dismenorrea, menometrorragia, congestione pelvica, coliche intestinali, emorragie, emorroidi, trombosi, spasmi del tratto gastrointestinale, disappetenza, dispepsia, atonia digestiva, epatopatia, ipertensione lieve, febbre, raffreddore, insufficienza epatica [Iozzi, Iozzi2, Sangiorgi]. Per uso esterno è indicata nel trattamento delle ferite superficiali di lieve entità [EMA7]. 

Precauzioni d’uso e controindicazioni

Non usare il prodotto in caso di allergia ad uno o più componenti.

Dato l’uso tradizionale della pianta come emmenagogo, l’achillea è controindicata in gravidanza. Per tale motivo, si consiglia di evitare l’uso del prodotto durante la gravidanza e l’allattamento senza parere medico. 

Combinazioni consigliate

Associazioni suggerite: Melissa, Anice, Finocchio semi, Ortica, Malva.

GemmoderivatoTilia tomentosa gemme

Tisana:

  • Finocchio  semi 20%
  • Biancospino foglie e fiori 20%
  • Malva foglie e fiori 15%
  • Ortica foglie 15%
  • Melissa foglie 15%
  • Cannella radice 15%

Preparazione: porre 20 grammi di tisana in 1l di acqua fredda e portare all’ebollizione in pentola coperta; far sobbollire per 2-3 minuti e lasciar raffreddare. Filtrare e bere durante la giornata, dividendo il liquido in almeno tre porzioni.

Già il fatto che la Vaniglia è prodotta da una Orchidea ci dovrebbe mettere di buon umore; in epoca preindustriale si dava grande importanza a questa azione che veniva definita come antimelanconica. I suoi principi attivi (le varie Vanilline) non si trovano nella droga appena raccolta, ma si sviluppano durante un lungo processo di fermentazione che trasforma questi baccelli in autentici gioielli, dall’aroma caldo e dolce e dal sapore irresistibile; la sua azione è molto interessante e si è verificato che essa funziona come:
Stimolante generale, soprattutto nelle funzioni digestive;
Spasmolitico della muscolatura liscia
Potente coleretico (aumenta la produzione della bile)
Colagogo e colecistocinetico (tonifica e migliora la funzione della cistifellea)
Afrodisiaco (secondo autori antichi)
Miglioratore dell’umore, inducendo pensieri positivi nei confronti del mondo e dei nostri simili.

Nell’insieme, la Vaniglia giova molto ai “fegatosi“, alle persone irascibili e che soffrono di problemi digestivi ed epatici legati allo stress quotidiano; giova molto anche ai soggetti depressi e tristi, ove nella Vaniglia possono trovare una forma molto “sensuale” di consolazione.

Azione globale del preparato
Da quanto visto nella disamina delle varie droghe, possiamo affermare che la Mix.T.M. B-G-V- agisce come potente restauratore delle condizioni complessive psico-fisiche, soprattutto nei soggetti sottoposti a vari tipi di stress e sollecitazioni estreme; l’azione globale è inoltre rasserenante, antidepressiva e potentemente equilibratrice. L’uso continuato del preparato esalta l’umore ed il tono generale, anche attraverso un miglioramento di molte funzioni organiche compromesse da stati psichici negativi, come quelle cardiocircolatorie, quella epatica e quella gastrica.

BIBLIOGRAFIA: Benigni, Capra, Cattorini – Piante Medicinali – Milano 1964 Mearelli, Sgrignani – Terapia Moderna, con T.M., Gemmoder., Olig. Pistrino di Citerna 1992 Rossi – Tinture Madri in Fitoterapia – Milano 1992

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